In momenti difficili, in tempi in cui bisogna lottare e resistere, riscoprire le parole di chi ha fatto della Resistenza la propria ragione di vita ha un valore maggiore. Sandro Pertini, “l’uomo della Resistenza”, il “Presidente Partigiano”, il 20 luglio del 1978 tenne un discorso a braccio incontrando le associazioni partigiane. Nelle sue parole di allora troviamo quella forza, quella visione e quell’orgoglio di cui avremmo bisogno oggi per resistere ancora una volta difendendo la nostra Repubblica dai continui pericoli e dai continui attacchi alle fondamenta democratiche. 

Io preferirei tacermi e meditare sulle parole dette dagli amici che hanno voluto portarmi la loro solidarietà e il loro saluto. Le loro parole hanno ridestato nel mio animo una folla di ricordi, e quando i ricordi sorgono dall’animo si dovrebbe tacere e ascoltarli soltanto. La lunga lotta sostenuta dal 1921 sin al 1945, io hi dette - vede io dirò solo alcune parole, nessun discorso preparato - io ho detto nel mio messaggio alla Camera, e l’ho detto a ragion veduta, con parole meditate, perché quel messaggio è stato meditato, scritto e poi da me letto, che io da quel giorno ho cessato di essere uomo di parte. Ma io non intendo cessare di essere l’uomo della Resistenza, non intendo cessare di essere l’uomo della Resistenza, perché la Repubblica è sorta dalla Resistenza. 
Non c’è stata regalata su un piatto d’argento da qualcuno. Non è vero che ci è stata regalata dagli alleati, che ci hanno aiutato, e noi dobbiamo riconoscere il valido aiuto che ci hanno dato, perché anzi qualcuno degli alleati la Repubblica non voleva. La Repubblica è frutto della lotta antifascista e della Resistenza, io l’ho sempre detto, qualcheduno di voi dirà che mi ripeto, che non è vero, può darsi che qualcuno dissenta, che la Resistenza sorge dall’antifascismo. Cioè se non ci fossero stati i 20 anni di lotta antifascista noi non avremmo avuto la Resistenza, così come ci si presenta oggi come fatto organico e storico, ma avremmo avuto oasi di Resistenza, non c’è dubbio, di lotta, contro i nazisti, ma non la Resistenza come ci si presenta oggi. 
Ebbene io questo lo debbo ricordare, a me stesso prima di tutto, dicendo che io continuerò ad essere l’uomo della Resistenza, di quella lotta antifascista e della lotta di liberazione.
Questa Repubblica, dico, è sorta dalla Resistenza, è una conquista della Resistenza è costata al popolo italiano 20 anni di lotta antifascista e due anno di guerra di liberazione. Ci hanno aiutato, ripeto, gli alleati, ma molto lo abbiamo fatto noi, e se l’abbiamo riconquistata lo si deve alle formazioni partigiane, e alle centinaia di compagni di lotta che sono caduti nella Resistenza. 
Ha ricordato l’amico carissimo Agnoletti, Calamandrei. Ebbene Calamandrei, caro Agnoletti, ha detto, se ben ricordo, un’altra cosa, proprio alla Costituente: “Dietro ad ogni articolo della nostra Costituzione stanno centinaia e centinaia di giovani che sono caduti”, Ecco, ogni articolo è stato scritto, non è una frase retorica, col sangue dei partigiani, di tanti uomini della Resistenza. E quindi noi dobbiamo difendere questa Repubblica che appartiene al popolo italiano e che è una nostra conquista. Dobbiamo difenderla questa Repubblica. 
È chiaro, io l’ho detto, e l’ho accennato nel mio breve passaggio, che deve essere Madre per tutti, non Madre con alcuni e matrigna per altri. Deve essere Madre per tutti e quindi vanno attuate tutte le riforme che sono racchiuse nella Carta costituzionale, non debbono rimanere lettera morta quegli articoli, che, ripeto, sono stati scritti col sacrificio e col sangue di tanti uomini della Resistenza, e quindi se noi questa Repubblica la renderemo Madre di tutti, da tutti sarà difesa, sarà sentita anche dai giovani che ci seguono, dalle nuove generazioni. 
Sulle nuove generazioni io non son fra coloro che guardano alla nostra gioventù con disistima, credendo tutti i giovani ormai sbandati e disorientati, non è vero. Sono una minoranza quelli che sono sbandati. Ma la maggioranza dei giovani è con noi. Voi lo sapete, lo vedete, in provincia basta che si faccia una manifestazione di protesta per la Resistenza e sempre alla testa trovate dei giovani. E quindi vuol dire che questi giovani attraverso i ricordi, attraverso quello che hanno sentito narrare dagli anziani, sentono che la Resistenza è anche loro, è anche dei giovani. 
Quindi dobbiamo fare in modo che si stringano intorno alla Repubblica. Perfettamente, lo ha detto l’amico Boldrini, e l’hanno detto anche gli altri. Noi dobbiamo resistere contro questa ondata di folle terrorismo che si è scatenato in Italia. Brigate rosse si chiamano. Per me è un titolo usurpato. Perché le Brigate rosse, Gisella io vi mando un particolare saluto, vari sapete che sono sempre sensibile a quella he è la bellezza femminile, e a quella che è l’audacia femminile, e quindi rappresentante lei delle donne della Resistenza, a Gisella io mando un mio aiuto fraterno, pieno di ammirazione per il suo passato di donna che ha saputo veramente essere un esempio, ed un esempio anche per molti uomini. Ebbene io in quel messaggio, così breve, ho detto che noi dobbiamo resistere contro questo terrorismo. 
Il terrorismo che è dilagato, noi non lo sappiamo, lo sapranno, chi sa, io non so se finirò il mio settennato, qualcheduno ha detto: no, non lo finirà! Eleggiamolo, perché siccome è molto anziano morirà prima. Invece no, io non ho intenzione di cedere. Io potrei credere per altre ragioni, se dovessero sopravvenire, ragioni che dovessero incidere sulla mia coscienza di uomo libero e di uomo della Resistenza. Ma per l’età no, mi rincresce, ma io non ho nessuna intenzione di cedere presto. Io voglio continuare il mio cammino, come lo hanno continuato i miei familiari che sono arrivati oltre i 95 anni. Vedete che metto dinanzi a me un tratto di strada abbastanza lungo. Ebbene io di questo terrorismo, ha detto bene Boldrini, di questo terrorismo che dilaga nel nostro Paese, chi sa fra qualche anno sapremo chi sta dietro costoro, non è vero Taviani? Taviani ha cercato, quando era Ministro dell’Interno, bisogna dargliene atto - ci ha lasciato un po’ le penne anche, non è vero? - ha cercato di trovare in una certa sponda da quelli che erano i mandanti di questo terrorismo. Ma noi dobbiamo resistere. Qui non dobbiamo cedere. Io ho preso una posizione che non è stata da me accettata, e l’ho detto in pieno Parlamento, assumendo la responsabilità in proprio. Noi abbiamo resistito allora. E perché non dobbiamo resistere adesso? Non abbiamo mica alzato le mani dinanzi ai repubblicani e dinanzi ai nazisti! Abbiamo combattuto e abbiamo resistito, e dobbiamo resistere ancora oggi, con fermezza. Lo Stato non deve cedere dinanzi a questa violenza. Quale che sia il ricatto e quale che sia anche domani la vittima, noi dobbiamo rimanere fermi come lo fummo allora, e resistere per difendere la Repubblica. Guai a noi se lo Stato dovesse cedere. Se lo stato dovesse cedere la Reoubblica avrebbe i giorni contati. Noi dobbiamo difendere questa Repubblica  che è una nostra conquista senza cedere di fronte a coloro che tentano di minarla e di scalzarne le fondamenta. 
Dobbiamo difendere quindi questa nostra Repubblica, che è una nostra conquista. Ecco perché io continuerò ad essere l’uomo della Resistenza. Da parte mia non si attenda nessun atto di debolezza di fronte a coloro che minacciano la Repubblica. Dinanzi a coloro che minacciano la Repubblica, per quanto mi riguarda, per il compito che ho, molto gravoso, io sarò fermo e, ripeto qui, costi quel che costi alla mia persona. Allora, usarlo, ma intendevo dire: alla mia persona costi quel che costi alla mia persona. Allora alla Camera, ho usato il “Noi maiestatis”, perché bisognava anche pur usarlo, ma intendevo dire: alla mia persona costi quel che costi, resistere contro costoro. Perché? Ma perché noi non vogliamo che i giovani debbano conoscere la nostra amara esperienza. Noi voliamo lasciare ai giovani una Repubblica che abbia le fondamenta solide, che veramente le sue radici le affondi nella classe lavoratrice italiano, che abba realizzato nostro tutto quello che la Costituzione contempla, e quindi lasciare questo ai nostri giovani. Perché i giovani, che non debbono conoscere la nostra amara esperienza, possano avere un cammino più sicuro che non abbiamo avuto noi alla loro età: una meta più chiara dinnanzi ai loro occhi. 
Ebbene io termino ricordando amici miei, e ringraziandovi di questa vostra accoglienza che mi avete fatto, e di questa visita. Io ricordo che un patriota, un partigiano, prima fi essere impiccato, lasciò scritto sulle pareti della sua cella: “Uomini vi ho amato, vigilante”. Ebbene sta a noi adesso raccogliere quel testamento, farlo nostro e vigilare sulla Repubblica e sui valori della Resistenza perché non vadano dispersi.