Napoli

Vincenzo De Luca ha realizzato il suo sogno, ha svuotato in maniera irrimediabile il Partito Democratico napoletano rendendolo ancora più influente e isolato di quanto si potesse anche solo immaginare qualche mese fa.

A confermare la scomparsa del PD napoletano come soggetto politico vivo e legato alla comunità che vorrebbe rappresentare, è la lista di nomi che il segretario Leo Annunziata ha letto in una direzione regionale che in un caldo 11 agosto è stata convocata e svolta in streaming, con i soliti problemi di connessione, di ricezione e di comunicazione che però erano tipici dei dem anche prima degli streaming.

I nomi della lista, tolti gli uscenti che, data anche la lunga carriera, sono conosciuti su tutto il territorio, sono perfetti sconosciuti. 

Si va infatti dalla capolista che dovrebbe essere la paladina del civismo, Giordana Mobillo e che nessuno ha riuscerebbe a riconoscere neanche nelle stanze di Santa Brigida. Mobillo è una donna laureata in sociologia che vanta nel curriculum il lavoro di coordinatrice dei corsi di formazione professionale alla Multicenter School e capo del personale al “Comicon”, ma cosa più importante è figlia di Aldo Mobillo, sindaco di Pozzuoli dal ’93 al ’97. Una biografia anonima che non giustifica certo la guida della lista del partito di maggioranza della coalizione deluchiana nel collegio più grande della regione.

Di questo livello anche gli altri candidati, la maggior parte sconosciuti, nomi che nulla suscitano nell’elettorato e nella società. 
Ora che il Pd ha dimostrato ancora una volta quanto sia profonda e larga la faglia scavata in questa anni tra questo soggetto politico e la realtà quotidiana della città e della provincia di Napoli, il segretario metropolitano Marco Sarracino può anche iniziare ad ammettere che questo suo scorcio di segreteria è un fallimento.

Avevano promesso una rivoluzione e invece è arrivato un passo indietro che getta il partito di Via Santa Brigida in una condizione di irrilevanza non solo elettorale ma politica e culturale che oggi sembra insanabile. 

Non è arrivato il nome del luminare della scienza. Non è arrivato il nome del lavoratore che vive quotidianamente le conseguenze dei conflitti del mondo del lavoro a partire dalla Whirlpool. Non è arrivato il nome dell’intellettuale o dell’artista che in questa fase di ricostruzione del mondo vuole mettere a disposizione le sue competenze per ripensare la nostra società. Non sono arrivati i nomi che farebbero del Pd un partito con i piedi e la testa nella realtà che lo circonda.
Non c’è nulla nella lista dei democratici se non fosse per le contrapposizioni interne, le logiche correntizie, le battaglie intestine che negli anni hanno trasformato il Partito Democratico da primo partito liquido della storia italiana ad una bagnarola che imbarca acqua e affonda.

Davanti alla pochezza messa in campo suonano ancora più irrazionali e distaccate dalla realtà le parole che per mesi i dirigenti metropolitani di questo partito hanno ripetuto in tute le salse. 

De Luca intanto continua a crescere e si prepara ad abbattere l’ultimo ostacolo che lo separa dal trasformare la poltrona da presidente nel trono del re della Campania. Un ostacolo che anche in questi anni per il presidente non è stato né il Movimento 5 Stelle, né il centrodestra che oggi si sta spostando armi e bagagli a casa De Luca, ma proprio quel Partito Democratico sempre pronto ad implodere al suo interno per giochi di potere e ad esplodere all’esterno per mantenere un equilibrio innaturale tra i vari potentati di partito.