Il collaboratore di giustizia Cristiano Piezzo, elemento di vertice della camorra di Marigliano ha rivelato ai magistrati i contorni di quello che, se accertato, sarebbe un vero e proprio sistema camorristico interno anche alle istituzioni comunali.
"…Chi comanda, non comanda veramente se non comanda sul Comune..." sono state le parole che hanno mostrato quanto l’ente comunale possa essere stato coinvolto in determinati equilibri criminali a Marigliano, dove ieri i carabinieri hanno arrestato il sindaco Antonio Carpino, nell’ambito di una indagine sulle commistioni tra la criminalità organizzata e politica locale.
Prezzo è tra i collaboratori, i cosiddetti “pentiti”, che accusano il primo cittadino del Partito Democratico e fresco di nuova candidatura per le prossime comunali, Carpino.
Il 29 ottobre del 2018 Piezzo risponde alle domande degli inquirenti sottolineando che "... in pratica, per un clan, è importante avere sul Comune uomini di propria fiducia che quando ci sono gare di appalto, le possano gestire in modo da far vincere tali gare a imprenditori che già pagano l'estorsione al clan… questi imprenditori già ci pagano le estorsioni e sono della zona, quindi ci conoscono, è più facile per noi incassare…".
Piezzo riferisce che insieme con Luigi Esposito, l'altro destinatario delle due misure cautelari emessa dal gip di Napoli Egle Pilla, si è adoperato non poco per consentire a Carpino di essere eletto primo cittadino di Marigliano in cambio di denaro e della promessa dell'appalto per le pulizie delle strade e dei giardini del rione popolare Pontecitra, dove ha sede il quartier generale di Piezzo.
"...io ed Esposito ci adoperammo fattivamente per per onorare tale patto con Carpino... in occasione delle elezioni - dice ancora il collaboratore di giustizia - affittammo diversi pulmini a bordo dei quali portammo la gente delle case popolari a votare per il candidato sindaco Carpino".
Piezzo, poi, sempre rispondendo alle domande, spiega agli investigatori il suo ruolo nel quartiere Pontecitra di Marigliano: "...Ritengo che Carpino sia venuto da me probabilmente perché sapeva che avevo influenza sulle persone… mi riferisco al fatto che io ero più presente e attivo nel rione Pontecitra…mi curavo che le cose funzionassero bene non ho mai permesso al alcuni di compiere atti sbagliati come manovre azzardate con l'autovettura oppure lo spaccio di stupefacenti davanti ai bambini. Sono cose che non si fanno…" e se qualcuno sbagliava, "…io lo picchiavo… mi chiedete se sono una sorta di Robin Hood della situazione? … Quando c'ero io a Pontecitra funzionava tutto meglio e le persone erano contente...".
Il camorrista inoltre aveva fatto sistemare delle telecamere che gli consentivano anche di inquadrare la caserma dei carabinieri (...li vedevo uscire…").
Sul suo pianerottolo si affacciava anche l'abitazione di un carabiniere, uno dei pochi del palazzo a cui era stata concessa la chiave del portone del palazzo, presidiato costantemente una persona che teneva d'occhio la situazione e l'eventuale ingresso di estranei, ("…forze dell'ordine e killer contro di noi…)".
Comunque, riferisce ancora Piezzo, "...le persone non avevano bisogno di avere la chiave perché aprivamo noi il portone…".