Marigliano

Secondo le indagini, Antonio Carpino, all’epoca aspirante sindaco di Marigliano e poi eletto, avrebbe avvicinato alcuni componenti della camorra locale per chiedere i voti dei cittadini del quartiere Pontecitra sia per le primarie dell'8 marzo 2015, sia per le amministrative del 31 maggio e 14 giugno 2015. 

La circostanza emerge dagli atti dell'inchiesta della Dda di Napoli e dei carabinieri di Castello di Cisterna che oggi hanno notificato due misure cautelari in carcere emesse dal gip Egle Pilla all'attuale sindaco di Marigliano, Antonio Carpino, e a Luigi Esposito, detto "o' sciamarro", esponente di rilievo della camorra locale, già detenuto.

In cambio di questo "favore" l'attuale sindaco di Marigliano avrebbe, secondo gli inquirenti, promesso denaro e altre "utilità" ai camorristi; in particolare il penalista Antonio Carpino, sempre secondo gli investigatori, avrebbe promesso di costituire una cooperativa di ex detenuti in cui assumere le persone che i suoi interlocutori gli avrebbero indicato, assicurando, contestualmente, anche contratti d'appalto comunali agli imprenditori graditi a Esposito e Cristiano Piezzo (capo del clan dei cosiddetti Mariglianesi) in quanto vittime delle loro richieste estorsive.

Dall'attività investigativa, inoltre, sarebbe emerso che l'aspirante sindaco avrebbe versato ai due esponenti di spicco della camorra locale 10mila euro in due tranche, consegnate prima delle consultazioni e dopo l'elezione.

Il tutto sarebbe avvenuto in un periodo temporale, la prima metà del 2015, in cui a Marigliano le varie anime della camorra, secondo la Dda, erano alleate e rappresentate da tre uomini, Luigi Esposito, detto "o' sciamarro", Massimo Pelliccia, ex cognato di Esposito, e Cristiano Piezzo. L'intreccio tra politica e clan, emerge nell'ambito delle indagini sulla criminalità organizzata locale che, nella seconda metà del 2015, vedrà la rottura delle alleanze e il successivo scontro armato tra due fazioni: il clan dei Napoletani-Mazzarella (capeggiato da Cristiano Piezzo) e dei cosiddetti "cafoni", guidato da da Luigi Esposito "o' sciamarro".

I presunti intrecci tra la camorra e l'aspirante sindaco vengono riferiti anche da alcuni collaboratori di giustizia, tra i quali figura anche lo stesso Cristiano Piezzo e il genero di Esposito, Tommaso Schisa. Ed è proprio sulla base di queste dichiarazioni che le indagini riprendono.

In merito alla cooperativa, che sarebbe stata una garanzia per gli affari illeciti dei clan,il collaboratore di giustizia Raffaele Aurelio (che in periodi diversi ha militato sia nelle fila di Esposito, sia in quelle capeggiate da Piezzo), rispondendo alle domande degli inquirenti, il 26 maggio 2016, afferma che: "…era chiaro che nella cooperativa avremmo dovuto essere assunti noi del gruppo… questa cooperativa era importante perché serviva a fornirci una copertura nei confronti di Carabinieri e Procura per il denaro e i beni che avevamo…".

Ad Antonio Carpino, incensurato, è stata applicata la misura cautelare più afflittiva, in considerazione dell'attualità del pericolo di recidiva: la considerazione nasce dalla possibilità di una sua ricandidatura alle prossime amministrative.