In un documento del Consiglio e Fondazione nazionali della categoria redatto in collaborazione con magistrati di tutta Italia, si sottolinea l’utilità di un sistema progressivo delle misure di prevenzione. Giancola e Tedesco. “Andare oltre la mera confisca e puntare maggiormente sulle misure non ablatorie favorisce il reinserimento dei patrimoni depurati nel circuito della legalità”
“Orientamenti interpretativi in materia di misure di prevenzione patrimoniali non ablative”: è il titolo del documento del Consiglio e della Fondazione nazionali dei commercialisti redatto nell’ambito delle attività dell’Osservatorio Nazionale in materia di misure di prevenzione istituto presso il Consiglio nazionale della categoria. L’Osservatorio, di cui fanno parte magistrati di tutta Italia, ha elaborato il documento per fornire un supporto pratico agli operatori del settore descrivendo finalità e criticità degli istituti in esame e offrendo una serie di orientamenti interpretativi volti a superare le difficoltà applicative. Il documento nasce nella consapevolezza che alcune tematiche oggetto di specifico approfondimento necessiteranno inevitabilmente di interventi emendativi.
“La legislazione antimafia (d.lgs. n. 159/2011 di seguito CAM) – spiegano Valeria Giancola e Giuseppe Tedesco, i due Consiglieri nazionali dei commercialisti delegati alle funzioni giudiziarie - come modificata dalle recenti riforme (legge n. 161/2017 e dal c.d. decreto sicurezza di cui al d.l. n. 113/2018), sembra aver preso atto di come la confisca sia ormai un istituto non esclusivo nella materia del contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso ed economico. In effetti la confisca, quale agente catalizzatore delle politiche antimafia, pur mantenendo la sua indiscussa efficacia e centralità, sembra aver perso il tradizionale primato nell’azione di disinquinamento delle aree colpite dall’aggressione criminale”.
Giancola e Tedesco sottolineano come vada in questa direzione “la scelta di potenziare, con le recenti riforme, le misure di prevenzione patrimoniali non ablatorie dell’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche e delle aziende (art. 34 CAM) e del controllo giudiziario (art. 34-bis CAM), con la consapevolezza che queste aggiungano alla capacità di aggredire i nuclei di economia illegale quella di reinserire i patrimoni depurati nel circuito della legalità”.
“Questo sistema “progressivo” delle misure di prevenzione – spiegano Giancola e Tedesco - oggi è pertanto congegnato per coprire tutti i segmenti comportamentali che il soggetto criminale può porre in essere per acquisire potere e consensi, soprattutto nelle trame più fragili della realtà aziendali: all’imprenditore vicino alle consorterie criminali e che ha beni sproporzionati rispetto ai suoi redditi leciti, l’azienda sarà confiscata. Se invece l’imprenditore con la sua azienda, pure di origine lecita, agevola con stabilità soggetti sottoposti a misure di prevenzione o a processi per criminalità organizzata, l’impresa potrà essere assoggettata all’amministrazione giudiziaria e verrà gestita da un amministratore giudiziario, sotto il controllo del Tribunale. Ancora, quando l’agevolazione risulta occasionale ed il comportamento dell’imprenditore faccia desumere il concreto pericolo di infiltrazioni mafiose, scatterà il controllo giudiziario”.
Secondo Giancola e Tedesco “si scorge una tendenza a valorizzare istituti più affini alla ratio preventiva, collaudando forme nuove di collaborazione tra il settore pubblico e quello privato, in un’ottica di enfatizzata difesa dei contesti imprenditoriali”.
“A partire da questo documento – concludono i due consiglieri nazionali – avvieremo una interlocuzione con la politica per suggerire interventi emendativi in questo ambito, a conferma del ruolo chiave del commercialista garante della legalità, sempre al fianco delle istituzioni e dell’imprenditoria sana”.