Le terre di Capitanata, quelle che dove le montagne finiscono e inizia lo sterminato tavoliere, sono state da sempre terre di lotte, di coscienza civile, di uomini e donne che con la passione, il coraggio e la forza hanno sovvertito equilibri incrostatisi nei secoli. 

Ancora una volta la provincia di Foggia si trova ad essere avanguardia della lotta dei braccianti, proprio come lo fu in passato con Silvestro Fiore prima e con Giuseppe Di Vittorio poi.

I braccianti sono ancora sfruttati, schiacciati da rapporti di lavoro che hanno tutte le caratteristiche della schiavitù. 
I braccianti rappresentano ancora una volta, con il loro sfruttamento quotidiano e inumano e con le loro sofferenze, il volto violento e reale delle dinamiche economiche di una globalizzazione neoliberalista che schiaccia i diritti in un pressa fatta di profitti e diseguaglianze. 

Sono i braccianti a reggere un sistema luccicante come quello della grande distribuzione alimentare. Sono loro con il loro sudore invisibile, con il loro sangue dimenticato e con il loro colore mai accettato, la base di uno dei meccanismi che produce enormi profitti e larghissime povertà. 

La settimana scorsa Mohamed Ben Ali, un bracciante, uno dei tanti invisibili che viveva nell’inferno della “pista” di Borgo Mezzazone, è stato ucciso dalle fiamme che hanno avvolto la sua baracca di legno. Aveva solo 36 anni ed era arrivato in Italia per approdare a quel luccicante occidente, trovando invece il buio dello sfruttamento, della fame, della povertà e dell’invisibilità.

Oggi in questa fase che vede l’umanità in ripartenza, in questo mondo che vuole uscire da una tragedia storica senza fare i conti con le storture e le ingiustizie, ricordare le parole che il sindacalista Aboubakar Soumahoro ha pronunciato durante lo sciopero dei braccianti di maggio scorso a Foggia, significa riportare al centro una lotta che si snoda nei secoli e che segue la storia dell’uomo. Da una parte il potere di chi sfrutta, spolpa e uccide per il profitto e dall’altra i corpi, le menti e le storie di chi ha solo le sue braccia con le quali lavorare, sfamarsi e lottare

A partire da oggi, se il governo non darà delle risposte la stagione della raccolta sarà caratterizzata da altro scioperi.
Ma gli scioperi che faremo non saranno solo dei braccianti  ma sarà sciopero del consumo e della spesa. 
Noi contestiamo in questo provvedimento fatto dal governo alcuni elementi. Il primo di questi elementi ricorda l’aver riservato la regolarizzazione soltanto a chi si spacca la schiena nelle campagne, senza preoccuparsi della salute dei braccianti, senza preoccuparsi che sono lavoratori che per dodici ore lavorano, lavorano 24 giorni al mese e i datori di lavoro ne dichiarano 4, ne dichiarano 3, ne dichiarano 5, perché così non si pagano i contributi. 
Il secondo punto riguarda il fatto di aver stabilito che chi può chiedere il permesso di soggiorno direttamente presso l’ufficio delle questure devono essere persone che abbiano un permesso di soggiorno scaduto a partire dal 31 ottobre 2019. Noi contestiamo l’aver subordinato il permesso di soggiorno al contratto di lavoro. Oggi centinaia e migliaia di cittadine e cittadini hanno fatto lo sciopero della spesa. Hanno detto che loro non vogliono mangiare il cibo marcio, un cibo nel quale non c’è il rispetto dei diritti dei braccianti, indipendentemente dal colore della pelle. Per noi l’obiettivo e l’elemento centrale è: UGUALE LAVORO, UGUALE SALARIO!