Montella

Coronavirus e strategie di prevenzione del contagio, fondamentale l’utilizzo del test rapido.  Stiamo parlando dei test sierologici per capire se si è stati in contatto con il Coronavirus. 

Comincerà la prossima settimana in Campania il piano di screening sierologico per il coronavirus. Lo ha annunciato la Regione Campania, aggiungendo che si partirà da Ariano Irpino, il comune dell’Avellinese che era stato zona rossa e dove nei giorni scorsi ci sono stati nuovi contagi. Gli esami rilevano la presenza di anticorpi G e M, indicativi del contatto dell’organismo col virus.

La caccia agli anticorpi, che provano l’avvenuto contagio, è fondamentale anche e soprattutto in questa fase due. Ma non sostituisce il tampone, che serve per capire se una persona è in quel momento infetta e può trasmettere il Covid19.
La fornitura di circa un milione di pezzi in Campania, come pure alla Toscana ed Emilia-Romagna, è stata ottenuta dalla diagnostica Technogenetics, J/V tra la Altergon di Morra de Sanctis ed il gruppo KHB Shanghai, quotato in borsa a Shenzhen. Salvatore Cincotti, amministratore delegato sia di Technogenetics che di Altergon, originario di Montella, illustra l’efficacia nel tempo dei test rapidi che saranno sempre più importanti per garantire una reale mappatura del contagio, soprattutto nelle zone focloaio e perciò ad alto rischio.

I kit sono in grado di dare una risposta in circa 10-15 minuti con un piccolo prelievo ematico (una puntura sul dito). Un test che al momento richiede comunque la presenza di personale specializzato o formato ed ha un margine di affidabilità del 90%. “Cifre confortanti per attuare in maniera rapida una indagine epidemiologica, soprattutto partendo dai comuni focolaio, dove la mappatura andrà estesa progressivamente a tutti i cittadini. La procedura prevede, per ottenere un controllo efficace, che il test venga ripetuto dopo circa cinque giorni per i pazienti che risultassero negativi. Questo il tempo necessario per una eventuale reazione degli anticorpi – spiega Cincotti –“.

Ad Ariano saranno ventimila i test praticati a tappeto per provare a bloccare la nuova impennata di contagi. 23 persone infette in tre giorni.

Dottore Cincotti, prevenire il virus soprattutto in questa fase 2, di ritorno alla normalità, con un aumento dei livelli di socialità e occasioni di incontro tra le persone, risultano fondamentali?

Rappresentano una prima forma di screening per capire anche tra gli asintomatici chi è stato colpito dal Covid-19. Un passaggio fondamentale.

L’obiettivo è di utilizzare questi kit anche per lo screening veloce in ambienti critici?

Certo, penso agli operatori sanitari, forze dell’Ordine, logistiche, trasporti pubblici e privati, produzioni e vendita beni primari, oltre a mappare la popolazione nelle “zone focolaio”.

Di cosa stiamo parlando?

Il nostro è un test sierologico, non molecolare che si effettua attraverso una gocciolina di sangue, in maniera simile a quello dell’esame della glicemia.

Questo test è come il primo livello di una partita più grande?

Se risultato positivo si passa alla seconda fase che è quella del tampone. Ma questa prima fase permette di individuare tutte le persone entrate in contatto col virus.

Il problema è proprio questo: in Italia di tamponi se ne fanno pochi?

Senza contare i tempi per il processamento. Parliamo di un paio di giorni. Invece il test è a risposta breve, possiamo dire immediata e anche, ovviamente, a costo ridotto rispetto al tampone, che resta però fondamentale per attestare lo stato del paziente.

Dottore qual è la differenza tra test rapido e tampone?

I test sono eseguiti a partire dal sangue e ci dicono se siamo venuti a contatto con il Sars-CoV-2. Cercano gli anticorpi che l’organismo produce in risposta a un virus specifico e non sostituiscono gli ormai famosi «tamponi» che servono a capire se una persona è infetta e contagiosa. Insomma se il test trova gli anticorpi, il tampone attesta la presenza del virus.

Che tipo di anticorpi rintraccia il test rapido?

Gli anticorpi che i test cercano sono essenzialmente di due tipi: IgM (Immunoglobuline M), che si manifestano entro 5-8 giorni circa dalla comparsa dei sintomi e permettono di confermare la diagnosi di infezione più o meno in atto e IgG (Immunoglobuline G), prodotti a partire da 10-14 giorni, che sono la nostra «memoria immunitaria» e ci proteggono anche se, nel caso del Sars-CoV-2, non sappiamo bene per quanto tempo e in quale misura.

Ci sono più tipologie di test?

Certo, sono tre i tipi di test sierologici: due «semi-quantitativi» da laboratorio con due tipologie di metodo diverse su macchine, in chemiluminescenza (CLIA) omicro-piastra manuale (ELISA), ed uno «qualitativo» immunocromatografico, definibile «rapido» (con tempi di risposta di circa 15 minuti).

Con i test rapidi utilizzati da soli il rischio sarebbe che la diagnosi non rileverebbe un’infezione nelle sue fasi ?

 Avere prodotto gli anticorpi, infatti, non significa non essere contagiosi. «Ecco perché questi test vanno bene per valutare gruppi di popolazione. Non può essere l’unico paramento per ripartire. Ripeto, l’optimum è di utilizzare insieme test e tamponi.

Come definirebbe la tecnica dei test rapidi a tappeto?

Un mezzo per lanciare una grande rete di “filtraggio”, per intercettare eventuali persone entrate in contatto col virus, come i tanto temuti asintomatici, che spesso diventano il mezzo “silente” di diffusione del coronavirus. Oppure per capire se quella stessa persona, spesso asintomatica, ha superato la fase della contagiosità. Quindi un mezzo per alleviare la mente della popolazione dall’angoscia…

Nelle scorse settimane l’isolamento è stata l’unica arma. Tante persone anche con sintomi sono restate in casa senza diagnosi. Come procedere in questa nuova fase?

 L’optimum è di usare i test in associazione ai test Pcr molecolari su tampone, che hanno consentito in Corea del Sud di contenere i contagi e di conseguenza infezioni e decessi”.

Fino ad oggi abbiano rincorso il virus…

Adesso dobbiamo dotarci, in attesa di un vaccino e di una risposta farmacologica, degli strumenti più utili per accerchiarlo e possibilmente isolarlo e sconfiggerlo.

In questi giorni si parla tanto di cura con il plasma o siero iperimmune. I test possono servire anche per rintracciare altri donatori….

Sì perché consentono di trovare rapidamente più persone che hanno sviluppato gli anticorpi, quindi suscettibili di essere “arruolati” come volontari per donare il siero. Trovato il maggior numero di positivi, si può a quel punto fare un prelievo per “misurare” con tecnologia CLIA ad alto rendimento e sensibilità, la quantità degli anticorpi presenti nel sangue.