La nuova speranza per la cura del Coronavirus arriva dal plasma iperimmune. Dopo il via libera al Cotugno di due giorni fa a Napoli, parte anche ad Avellino la cura, in via sperimentale, su un paziente ricoverato nel reparto di terapia intensiva della Palazzina Alpi, ala Covid-19 del nosocomio avellinese. Più reparti sono al lavoro in sinergia, per la cura che potrebbe riservare ottimi risultati, si spera, anche ad Avellino. Intanto sono 4 i pazienti ricoverati nel reparto di rianimazione del Moscati, guidato dal dottore Angelo Storti. Uno di questi, che versa in gravi condizioni, è stato sottoposto al protocollo, che prevede l'infusione del plasma di altri pazienti, che hanno sviluppato i preziosi anticorpi al virus.
Anche al Moscati ci sarà la banca del plasma iperimmune per la terapia anti Covid. Un lavoro coordinato dal primario Silvestro Volpe, direttore del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale della Città Ospedaliera.
In Campania per la cura c'è il Cotugno, come ospedale capofila, e proprio all'ospedale dei Colli si aggancerà anche il Moscati, che preleverà e renderà disponibile il plasma. Plasma che sarà prelevato ad ex pazienti covid guariti e senza alcun sintomo, risultati negativi ai due tamponi di verifica e, dopo quattordici giorni, ad un terza verifica di negatività. In presenza di anticorpi contro il Covid nel plasma, allora quei pazienti possono diventare donatori.
Una trafila sierologica molto articolata che va avviata però in tempi rapidi. «Siamo stati aggrediti da un virus completamente nuovo, ma contagiosissimo – afferma il professore Gennaro Rispoli, direttore del Museo delle Arti Sanitarie – Per questo siamo stati costretti a reagire con le armi più antiche che possono sembrare grossolane, ma che talvolta non mancano di efficacia». Il professore ricorda la sieroterapia che il dottor Emil Von Behring nel 1891 somministrò con successo ad una bambina stava morendo di difterite in una clinica di Berlino.
Istituto superiore di Sanità e Agenzia italiana del farmaco sono impegnati assieme nello sviluppo di uno studio nazionale comparativo e controllato per valutare l'efficacia della terapia con plasma ottenuto da pazienti guariti da Covid-19.
Una tecnica che viene dal passato e che prevede che il plasma dei guariti venga impiegato, rileva Aifa, per malati "affetti da forme severe di Covid-19". Una pratica di cura che risale alla fine dell'Ottocento, già praticata in altre terapie e che potrebbe essere la svolta nella cura del Coronavirus.
Una sfida al virus che si basa sulla infusione degli anticorpi sviluppati nei pazienti in grado di fermare l'effetto disastroso del coronavirus a livello polmonare.
Gli studiosi intanto analizzano i risultati ottenuti negli ospedali dove il protocollo è già partito. Allo studio partecipano diversi centri, a cominciare da quelli che già da marzo ne stanno valutando l'efficacia a livello locale. Questo progetto consentirà di ottenere evidenze scientifiche solide sul ruolo che può giocare l'infusione di anticorpi in grado di bloccare l'effetto del virus.
La cura è sotto i riflettori per i risultati ottimi che sta ottenendo e alcuni pazienti si sono sentiti bene in pochissimo tempo. Ma il ministero della Salute avverte: "Non è ancora un trattamento consolidato, perché non sono ancora disponibili evidenze scientifiche robuste"..
Il plasma è la parte più "liquida" del sangue. Viene prelevato da persone guarite e somministrato - dopo una serie di test di laboratorio anche per verificare che si alto il livello di anticorpi neutralizzanti al suo interno - a pazienti malati.
Prima di prelievo e infusione, ovviamente, vengono fatti controlli rigidissimi, perchè il sangue è il veicolo maggiore per rischiosissime infezioni dall'Hiv all'Epatite solo per citarne alcune.
Secondo molti esperti il plasma iperimmune è al momento "l'unica terapia" che funziona contro Covid-19.