Benevento

Il valore della memoria e la responsabilità dell’impegno. I testimoni del nostro tempo, vittime delle mafie. Il rischio che la criminalità organizzata e i poteri corruttivi possano approfittare di questa grave situazione attuale che stiamo vivendo. La nuova r-esistenza a cui siamo chiamati. Sono stati questi i temi sollevati nell’intervista dell’Ac diocesana a Michele Martino, il coordinatore provinciale di Libera Benevento, ospite di “Antivirus – Abitare questo tempo in piedi”, un format ideato dall’Ac diocesana come prezioso momento formativo per questo tempo. Soprattutto nel giorno della Festa della Liberazione parlare di resistenza alle mafie è un parallelismo, quello con i partigiani che lottarono contro la dittatura nazi-fascista, non solo azzeccato, ma assolutamente centrale in un discorso di tutela della legalità se si vuole dare un messaggio chiaro ai boss mafiosi detenuti al 41 bis che vorrebbero “sfruttare” l’emergenza sanitaria per chiedere l’esecuzione della pena al proprio domicilio, ritornando così negli stessi territori che hanno dominato. Lo Stato, su questo, non può dare segnali di arretramento. “Che Italia sognavano i partigiani nel donare a noi la libertà e che Italia stiamo costruendo noi rispetto ai loro sacrifici? E’ una domanda che deve scuotere le nostre coscienze. In che modo possiamo resistere oggi al potere mafioso? Di certo non facendo uscire i boss dalle carceri. Non è ammissibile, speriamo ci sarà un ripensamento da parte del governo”.

Con la piena consapevolezza che la lotta attiva alla criminalità organizzata la fanno le forze dell’ordine e i magistrati, c’è un impegno dal quale nessuno dovrebbe tirarsi indietro. “A noi, come società civile, spetta sempre battere il ferro sulla formazione delle coscienze. Abbiamo la responsabilità di educarci alla cultura della legalità. Solo così è possibile combattere educativamente la mentalità mafiosa, attingendo dalla memoria delle vittime e delle loro storie e responsabilizzandoci sull’impegno concreto. Resistere oggi significa resistere alla cultura del compromesso, del clientelismo, del girarsi dall’altra parte e del tacere, del desistere e del piegarsi alle mafie e alle camorre”.

Una riflessione sulle vittime della criminalità organizzata, e in particolare su Raffaele Delcogliano, Aldo Iermano e Tiziano Della Ratta, di cui proprio oggi 27 aprile ricade per tutti e tre l’anniversario dalle loro brutali uccisioni, non è solo dovuta da parte di Martino, ma pienamente sentita. “La memoria, fatta di impegno e responsabilità, è l‘unica moneta che abbiamo per estinguere il nostro debito di riconoscenza e gratitudine. Dobbiamo avere la profonda consapevolezza che queste vittime hanno lottato contro le mafie e non si sono arrese. Noi tutti faremo veramente memoria di loro quando faremo nostra l’eredità di chi ha pagato con la vita, continuando noi per primi a percorrere quel sentiero”. Far sì che il fare memoria, dunque, non sia o non resti solo un esercizio retorico, dipenderà sempre dalle scelte quotidiane che facciamo, dal nostro impegno quotidiano che decidiamo di dare nell’abitare questo territorio sannita. “Quel “Fate questo in memoria di me”, pronunciato da un giovane di 33 anni, Gesù, – sottolinea il referente provinciale di Libera Benevento – va attualizzato oggi per fare in modo che i sacrifici fatti da chi ha pagato con la vita non siano stati inutili. E da credenti – conclude Martino – abbiamo bisogno di una fede che sia viva e che riesca a stare vicina agli ultimi, vicina a chi ha più bisogno: dalle vittime del racket dell’usura a quelli delle dipendenze come gioco d’azzardo e droga, da chi ha perso il lavoro ed oggi non ha più in reddito ai nostri fratelli migranti. Tutto questo vuol dire togliere terreno alle mafie. Se ognuno di noi semplicemente facesse con onestà, nel suo piccolo, ciò che è chiamato a fare tutti i giorni nella sua vita, noi avremmo già risolto in larga parte il problema delle mafie e della corruzione nel nostro Paese. In questo modo avremmo onorato la memoria di Raffaele, di Aldo e di Tiziano. Perché sono morti per difendere l’onestà e per consegnarci un territorio migliore di quello che loro avevano trovato”. L’intervista, condotta da Vittoria Massaro, delegata dell’Ac diocesana per il Presidio di Libera “Valle Caudina e Valle Telesina” (intitolato e dedicato proprio alla memoria di Raffaele Delcogliano e di Aldo Iermano), s’è conclusa con una sessione di domande fatte dal pubblico che ha partecipato che hanno toccato altri aspetti, dalla necessità di essere sentinelle sul nostro territorio (come segni di speranza) all’urgenza degli aiuti economici europei e nazionali per far arretrare di qualche passo le mafie che, spesso, arrivano prima nei luoghi disagiati e nelle famiglie in difficoltà, prima dello Stato e del mondo del volontariato. “Il procuratore Policastro, in una diretta di qualche settimana fa, ci disse che se i soldi non ce li darà l’Europa, ce li daranno le mafie con delle serie conseguenze sulla stabilità democratica del nostro paese. Ed è per questo che lo Stato deve essere molto vigile e che la società civile deve essere monitorante e deve avere conoscenza del proprio territorio e consapevolezza dei fenomeni mafiosi. Significa questo abitare il territorio da sentinelle attente. Laddove non ci sono conoscenza e consapevolezza, le mafie troveranno sempre una grande prateria davanti a loro”. Il secondo appuntamento con le interviste di “Antivirus” ci sarà sabato 2 maggio, sempre alle ore 18 in diretta dalla pagina fb dell’Ac diocesana, con il direttore della Scuola d’Impegno Socio-Politico della Diocesi don Matteo Prodi, che proverà a farci entrare meglio nella lettera del nostro vescovo diocesano mons. Battaglia sui passi, indicati con chiarezza, che la società civile dovrebbe imparare a percorrere, camminando insieme.