Nel 1933 Franklin Delano Roosevelt viene eletto presidente degli Stati Uniti d’America. È un periodo durissimo, la grande depressione ha messo sotto gli occhi affamati e spaventati di tutti, la fragilità del capitalismo.
Per la prima volta il mondo in perenne crescita si arresta e la finanza mostra il suo volto più violento e crudo. Le speculazioni, il profitto e la volatilità del capitale finanziario hanno fatto crollare tutte le certezze. Franklin Delano Roosevelt arriva a Washington per guidare un Paese impaurito, depresso e che non riesce a ritrovare la speranza.
Sarà invece la sua visione innovativa, la sua distruzione dei dogmi, il suo pragmatismo illuminato portare gli USA e l’intero occidente fuori da quella crisi. Leggere oggi, in questa fase tante spaventosa, difficile e critica della storia dell’umanità, quelle parole forti e speranzose che Franklin Delano Roosevelt pronunciò durante il discorso inaugurale della sua prima presidenza il 4 marzo 1933, è importante per riscoprire quel coraggio collettivo che dimostro un popolo e che ha permesso all’umanità intera di non “temere la paura” e di impegnarsi per risolvere i problemi. 

Questo è per me giorno di consacrazione alla Nazione, e sono certo che i miei concittadini americani si attendono che, sul punto di insediarmi alla Presidenza, io mi rivolga a loro col candore e con la decisione che la situazione presente del nostro popolo rendono necessari.
Ritengo che questo sia soprattutto il tempo di dire la verità, tutta la verità, con sincerità e coraggio. Non si può rifuggire, oggi, dall'affrontare onestamente le attuali condizioni del nostro paese. Questa grande nazione saprà sopportare ancora, come ha già saputo sopportare, e saprà anche risorgere alla prosperità. Sono convinto se c’è qualcosa da temere è la paura stessa, il lasciarci vincere da quel terrore senza nome, irragionevole e ingiustificato, che paralizza i movimenti necessari per trasformare una ritirata in un'avanzata.
In tutte le ore oscure della nostra vita nazionale una guida basata sulla franchezza e sull’energia ha incontrato quella comprensione e quell'appoggio del popolo intero, che sono essenziali per giungere alla vittoria; sono convinto che, ancora una volta, voi non mancherete di sostenere coloro che debbono guidarvi in questi critici giorni.
Tali le condizioni di spirito nelle quali io e voi ci apprestiamo ad affrontare le comuni difficoltà. Grazie al Cielo, esse si riferiscono esclusivamente a beni materiali. I valori sono discesi a livelli fantasticamente bassi; le imposte sono cresciute; la nostra capacità di pagamento è diminuita; ogni categoria di amministrazione deve tener conto di una notevole diminuzione delle sue entrate; nelle correnti commerciali si è prodotto un vero congelamento delle possibilità di scambio; per ogni dove si posano le foglie secche dell'iniziativa industriale; gli agricoltori non trovano mercati di sbocco per i prodotti della terra, e migliaia di famiglie hanno perduto i risparmi pazientemente accumulati in lunghi anni.
Ancora più grave è la circostanza che una folla di disoccupati si trova di fronte al tetro problema della propria esistenza, mentre un numero non minore di cittadini continua a lavorare con scarso profitto. Solamente uno sciocco ottimista potrebbe negare l'oscura realtà del momento. Eppure le nostre sciagure non derivano da alcun fallimento sostanziale. Né siamo colpiti da alcun flagello di locuste. Dovremmo anzi aver seri motivi di riconoscenza, ponendo mente ai pericoli vinti dai nostri avi grazie alla loro fede e alla loro audacia. La natura ci offre ancora le sue incalcolabili ricchezze, e gli sforzi dell'uomo sono giunti a moltiplicarle. L'abbondanza è alle soglie delle nostre case, ma la possibilità di valercene viene meno benché questi tesori ci siano a portata di mano.
Questo accade perché quanti dominano nel campo dello scambio dei beni materiali, venuti meno dapprima al loro compito per ostinazione ed incompetenza, ammettono poi il loro fallimento ed abdicano alle loro responsabilità. Davanti al tribunale dell'opinione pubblica, condannati dal cuore e dalla mente degli uomini, stanno i sistemi di speculatori poco scrupolosi.A loro difesa si potrebbe ammettere che essi hanno pur tentato di agire; ma d'altra parte si deve dire che hanno agito seguendo schemi di tradizioni ormai superate. Di fronte al fallimento del credito, essi hanno saputo soltanto proporre di ricorrere a nuove concessioni di credito. Quando è stato loro impossibile di continuare a prospettare il miraggio del profitto per indurre il nostro popolo a seguire le loro false teorie di governo, essi hanno creduto di poter correre ai ripari con pietose esortazioni invitanti a concedere ancora la perduta fiducia. Essi non conoscono altre norme, che quelle di una generazione di difensori dei propri interessi. Non hanno alcuna larghezza di visione, e quando manca tale elemento i popoli decadono.
Questi barattatori del denaro altrui sono fuggiti dai loro alti seggi nel tempio della nostra civiltà. Sarà ora possibile restituire questo tempio al culto delle verità antiche. E la misura più o meno vasta di questa restaurazione dipenderà dalla proporzione nella quale verranno applicati valori sociali più nobili di quelli del puro e semplice profitto monetario.
La felicità non consiste esclusivamente nel possesso del denaro; essa si concreta nella gioia del raggiungimento d'uno scopo, nell'emozione data da ogni sforzo di creazione. Nella folle rincorsa dietro profitti evanescenti non si deve più dimenticare la gioia e lo stimolo morale prodotti dal lavoro. Questi giorni difficili saranno valsi il prezzo di qualsiasi sacrificio sofferto, se ci avranno insegnato che il nostro vero destino non è di sottostare rassegnatamente a tante difficoltà, ma di reagire ad esse per noi stessi e per i nostri simili.
Il riconoscere la falsità della ricchezza puramente materialistica come indice di successo procede di pari passo con l'abbandonare la falsa convinzione che i posti di alta responsabilità pubblica e politica si identificano con i fini dell'ambizione e del profitto personale. Bisogna porre fine a quella linea di condotta bancaria e commercialistica, che troppo spesso ha permesso di confondere la concessione di sacri diritti con la possibilità di perpetuare impunemente il male secondo criteri spietatamente egoistici. C'è poco da meravigliarsi di fronte alla diminuita fiducia, perché la confidenza prospera solo se alimentata dall'onestà, dal senso dell'onore, dal mantenimento delle obbligazioni assunte, da i un costante spirito di protezione e da una linea di condotta invariabilmente altruistica. In mancanza di tali elementi la fiducia è destinata a morire.
Ma la ricostruzione non esige solo modificazioni di indole morale. La nostra nazione domanda di poter agire, e immediatamente. Il nostro primo grande compito è di dare lavoro al popolo. Non è un problema insolubile, se affrontato con saggezza e coraggio. Può essere parzialmente risolto per mezzo di ingaggi diretti da parte del governo, affrontando la questione come si affronterebbe in ca- so di bisogno la mobilitazione per una guerra; ma nello stesso tempo non dimenticando che tale impiego di uomini va diretto al compimento di opere di grande utilità pubblica, realizzando progetti adatti a provocare e riorganizzare l'uso delle nostre grandi risorse nazionali.
Al tempo stesso, però, bisogna ammettere francamente che nei nostri centri industriali esiste un eccesso di popolazione, ed in conseguenza, impegnandoci in una ridistribuzione di uomini in tutta la nazione, occorrerà tentar di provocare un migliore sfruttamento delle possibilità agricole del suolo americano, a beneficio di chi è più adatto alla coltivazione della terra. Affermo che questo compito può essere facilitato da sforzi ben precisati per giungere ad un rialzo del valore dei prodotti agricoli e quindi ad una aumentata capacità d'acquisto della produzione dei centri urbani. Può essere facilitato impedendo con mezzi pratici l'aumento delle perdite, che deriva alle nostre piccole aziende agricole da affrettate e premature sospensioni della loro attività. Può essere facilitato insistendo sull'opportunità da parte del Governo Federale, di quelli dei vari Stati e delle amministrazioni locali di fare il possibile per ridurre i gravami delle imposte. Può essere facilitato unificando attività che oggi sono inadeguate, antieconomiche e mal distribuite. Può essere facilitato per mezzo di un progetto nazionale per l'organizzazione e la sorveglianza sui trasporti, le comunicazioni e altri servizi, che hanno un carattere spiccatamente pubblico. Insomma, molti sono i mezzi per risolvere il problema, che non verrà tuttavia mai risolto soltanto col continuare a parlarne. Occorre agire: e dobbiamo agire rapidamente.
Infine, nel nostro progresso verso una ripresa del lavoro occorre tenere presenti due salvaguardie contro i mali del vecchio ordine di cose: bi- sogna esercitare una stretta sorveglianza su tutto il sistema bancario, creditizio e di investimento del denaro; bisogna finirla con le speculazioni basate sul denaro altrui; ed è necessario prendere disposizioni per raggiungere una correntezza adeguata, ma solida.
Tale è il programma d'azione attraverso il quale ci proponiamo di ridare l'ordine alla nostra nazione e di riportare al pareggio il suo bilancio. Le nostre relazioni commerciali con l'estero, benché di somma importanza, dal punto di vista dell'urgenza e quindi del tempo vengono necessariamente in seconda linea, e non possono essere affrontate che dopo la riorganizzazione di una salda economia nazionale. Io considero sana politica l’affrontare in precedenza quello che è per noi di primaria importanza. Farò di tutto per favorire il commercio attraverso un riassestamento dell'economia internazionale, ma le immediate necessità interne della nazione non possono attendere che questo si compia in precedenza.
L'idea fondamentale, che coordina i mezzi specifici per giungere al risanamento nazionale, non è strettamente nazionalistica. In primo luogo essa consiste nel tener conto dell'innegabile interdipendenza di tutti i vari elementi che formano gli Stati Uniti d'America; è una specie di riconoscimento dell'antico e perennemente essenziale spirito del pioniere americano. In essa è la via della salvezza. Anzi, essa è l'immediata salvezza. Ed è la certezza che la rinascita sarà duratura.
Nel campo della politica estera vorrei indirizzare la nazione sulla via del buon vicinato, seguendo i principii di chi rispetta risolutamente sé stesso e, proprio per questo, rispetta anche i diritti degli altri. Bisogna essere come l'uomo che riconosce la santità delle proprie obbligazioni in mezzo al mondo di tutti i suoi vicini.
Spero di interpretare fedelmente il pensiero del nostro popolo dicendo che mai prima di ora abbiamo così chiaramente realizzato la nostra interdipendenza, l'uno con l'altro; abbiamo imparato che non è lecito prendere soltanto, ma che bisogna anche saper dare; che, se vogliamo progredire, occorre marciare come un esercito fedele e ben ad- destrato, pronto a sacrificarsi per il trionfo della comune disciplina, perché senza tale disciplina non può esistere progresso, ne alcuna guida può dare buoni risultati. So bene che siamo pronti e disposti a sottoporre la nostra vita e le nostre ricchezze a tale disciplina perché essa consente il consolidarsi d'una linea di governo che tende a un più diffuso benessere. Questo io mi propongo d'offrire, promettendo che i più vasti obiettivi da raggiungere peseranno su noi, su tutti noi, come una seria obbligazione, con un'unità di doveri, che sino ad oggi è stata invocata solo in tempi di guerra. Fatta questa promessa, assumo senza esitazioni il comando di quel grande esercito che è il nostro popolo, per muovere un disciplinato attacco contro i comuni problemi.
Sotto la forma di governo ereditata dai nostri avi è possibile agire in questa forma e per tale fine. La nostra Costituzione è così semplice e pratica che è sempre possibile affrontare esigenze straordinarie con adattamenti insignificanti delle sue disposizioni e senza derogare dai suoi principii essenziali. Ecco perché il nostro sistema costituzionale si è costantemente dimostrato il meccanismo più superbamente duraturo che esista nel mondo moderno. Ha resistito a ogni frangente di espansione territoriale, di guerra intestina, di relazioni col resto del mondo.
È quindi lecito sperare che il normale equilibrio tra il potere esecutivo e legislativo si dimostri in tutto adeguato a fronteggiare l'eccezionale compito che ci attende. Ma può anche darsi che situazioni mai presentatesi in precedenza e richiedenti azione immediata possano costringere a momentanee deroghe dal normale equilibrio della pubblica procedura.
Osservando i miei doveri verso la costituzione, sono pronto a richiedere l'adozione di quelle eccezionali misure che una nazione gravemente colpita potrebbe esigere in questo mondo gravemente colpito. Tali misure, o quelle che il Congresso dovesse ricavare dalla sua esperienza e dalla sua saggezza, io cercherò, entro i limiti della mia autorità costituzionale, di portare alla più sollecita adozione.
Ma se il Congresso non volesse adottare una di queste due alternative, e se la situazione della nazione fosse ancora critica, io non mi sottrarrò alla chiara responsabilità che eventualmente mi si presentasse. Domanderei al Congresso l'ultimo mezzo che resterebbe per fronteggiare la crisi: ampi poteri esecutivi per combattere contro i pericoli del momento, poteri altrettanto ampi come quelli che mi si potrebbero dare se il nostro territorio fosse invaso da un nemico.
In cambio della fiducia avuta in me saprò dare il coraggio e la devozione che convengono al momento presente. È il meno che io possa fare.
Noi affrontiamo i difficili giorni che ci attendono, col vivo coraggio derivante dalla nostra unità nazionale, con la chiara coscienza di voler perseguire e ritrovare gli antichi e preziosi valori morali, con la netta soddisfazione proveniente dal compimento del proprio dovere da parte dei giovani e dei vecchi. Nostro scopo è il raggiungimento di una vita nazionale stabilmente riordinata.
Non guardiamo con sfiducia verso l'avvenire della vera democrazia. Il popolo degli Stati Uniti non ha tradito sé stesso. Nel momento del bisogno ha sottoscritto la richiesta di volere che si agisca sollecitamente e decisamente. Ha chiesto la disciplina e ha voluto essere guidato con sicurezza. Ha fatto di me l'attuale strumento del suo volere. Secondo lo spirito col quale il dono m'è stato fatto, io lo accetto.
In questo giorno di consacrazione alla nazione domandiamo umilmente la benedizione di Dio. Che Egli protegga ciascuno e tutti noi. Che Egli mi guidi nei giorni venturi.