Benevento

Antonio Caruso, ultima generazione di panificatori di Benevento scrive una lettera a Gino Sorbillo, noto pizzaiolo napoletano, titolare di storiche pizzerie in tutta Italia. “Sono un panificatore del beneventano, ho 35 anni e porto avanti l’attività di famiglia iniziata dal 1969” esordisce Antonio che vuole rispondere a Sorbillo dopo le sue critiche ai forni che continuano a vendere pizza ai clienti.

Il titolare della storica pizzeria a Napoli chiede da tempo che la Regione sblocchi il cibo di asporto ma nel frattempo ha annunciato di essere costretto a chiudere alcuni suoi locali a causa degli affitti esorbitanti. Poi la stoccata ai panificatori. Ed è dal Sannio che arriva la risposta proprio da uno dei forni più antichi della città.

“Ammiro chi come lei – scrive Antonio Caruso -, è capace di rendere arte un lavoro che attraverso l’utilizzo di povere ma essenziali e nobilissime materie prime, da’ vita ad alimenti che hanno reso il made in sud un’eccellenza. In secondo luogo l’ammiro per la capacità imprenditoriale di aver reso il suo nome un marchio conosciuto in tutta Italia e che è garanzia di bonta’.
Ma ultimamente devo dissentire sulla guerra ai forni che sta portando avanti sui social.
Anche io nella mia città, provo, nonostante le mille difficoltà a rendere grande il lavoro di mio padre e ancor prima di mio nonno, cercando di implementare e diversificare l’attività di sola panificazione.
Ad oggi abbiamo abbassato la saracinesca del pub, sospeso il servizio bar, e il nostro laboratorio di panificazione funziona al 25% al solo fine di sfornare i prodotti freschi e di prima necessità per rifornire non solo i nostri punti vendita ma anche alcuni dei supermercati della citta’.
Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi pandemico del Covid 19 e lo Stato ha decretato la chiusura di molte attività commerciali tra cui pizzerie, e pasticcerie sembra iniziata la guerra tra i poveri….della quale sig. Sorbillo lei si sta facendo arduo sostenitore sfruttando la sua popolarita’.
Sono solidale, dispiaciuto e preoccupato per chi ha dovuto sospendere la propria attività, ma noi panificatori non siamo gli sciacalli del momento. Non stiamo approfittando di queste chiusure per straguadagnare producendo prodotti che ad altri non è consentito produrre.
I codici Ateco non li abbiamo inventati noi, e i prodotti che continuiamo a sfornare sono quelli che abbiamo sempre sfornato, senza cavalcare l’occasione del momento. Credo che i forni esistano da molto più tempo delle pizzerie, e quello che produciamo lo produciamo da secoli.
Se conosce chi sta dando vita a servizi di delivery in questo momento illegali, denunci le persone, ma non scateni la guerra contro l’intera categoria.
Sta generando sui social attraverso le sue invettive una confusione incredibile tra cosa intende per domicilio che è la consegna a casa dei prodotti richiesti, e che in Campania il Governatore De Luca ha bloccato, e l’asporto, che è quello consentito presso l’esercizio di vendita.
Lei crede davvero che mettere nei banchi qualche pezzo di piazza margherita o marinara, qualche brioches o cornetto ci salvi dalla crisi del momento?
Crede che sia molto differente il nostro stato dalla chiusura che lei ha dovuto subire?
I suoi dipendenti forse sono in cassaintegrazione, i nostri, almeno quelli che siamo riusciti a tenere in forze, li paghiamo noi, pur producendo un terzo di quello che abbiamo sempre fatto, i supermercati non ci pagano giornalmente, e il poco venduto non serve nemmeno a coprire le spese. A questo vogliamo sottrarre anche quel po’ di pizza o prodotto da forno, se pur diverso dal pane, che da sempre realizziamo?
Abbiamo sospeso , durante il periodo pasquale, la produzione di panettoni, e qualunque altro prodotto potesse creare motivo di assembramento negli spazi antistanti i nostri locali, in più a Benevento dopo la rinomata guerra elle zeppole dello scorso 19 Marzo che ha indotto il Sindaco a vietare la produzione di queste ultime, siamo ancora più rigorosi e ligi, nonostante le normative non siano chiare.
Noi commercianti in questo tragico momento, soprattutto in Campania dove la stretta è ben più severa, dovremmo far fronte comune, prepararci alla ripresa, richiedere insieme tutele, e non farci la guerra.
Questa non è una guerra, ma è un’ emergenza prima di tutto sanitaria, alla quale seguirà quella economica e sociale, e noi che facciamo? Accusiamo questo e quello?
Io non me la prendo con i supermercati che vendono panettoni e uova di Pasqua, non faccio la guerra all’azienda Alberti (per citarne una) che li produce, perchè penso a quanti milioni di danni e di invenduto hanno subito anche loro… mi arrabbio perché il delivery in Campania non è permesso e altove magari si, ma non me la prendo con chi ha il permesso di attuarlo… Al momento penso solo che se ne dobbiamo uscire, dobbiamo essere solidali, tutte le categorie, tutti i commercianti e non fare i bambini che lamentano “ si maestra io…però lui….” Soprattutto sapendo quanto il nostro governatore sia sensibile al richiamo dei social.
Io con qualche pezzo di pizza, o brioche, o focaccia ci pago anche i dipendenti, che hanno delle famiglie, e che rischiano anche loro per venire a lavorare…non mi sto arricchendo, glielo posso assicurare.
Questa guerra alla categoria non le fa onore signor Sorbillo. Noi nasciamo umili, come la farina e l’acqua che usiamo, quell’umiltà dovrebbe accompagnarci soprattutto in questo momento. 
Solidarietà e nessuna lotta tra poveri, impieghiamo le energie in modo positivo, chiediamo tutele allo Stato, non ci abbaiamo contro .
Per rispetto alle tante vittime di questi giorni, le mie rimangono solo parole confinate alla difesa della categoria, ma la priorità ora è rialzarsi…
…..“Se vuoi arrivare primo, corri da solo. Se vuoi arrivare lontano, cammina insieme”. 
(proverbio africano…forse loro ne sanno più di noi!)

Antonio Caruso