Il 17 marzo si celebreranno i 159 anni dall’unità d’Italia e forse quei balconi dei flash mob, dei tricolori e dell’inno, potrebbero dare finalmente al nostro Paese il rispetto che merita.
L’Italia sta attraversando un momento drammatico, il peggiore forse della sua storia. Mai si era visto un popolo costretto a rimanere in casa, mai avremmo pensato di dover rinunciare alla socialità e al contatto. In una penisola dove da sempre siamo abituati a stare stretti ma a trovare sempre lo spazio per tutti, oggi abbiamo l’esigenza di stare larghi, distanti. Siamo un popolo abituato a vivere le strade, ad abitare le piazze, che oggi invece restano coscienziosamente vuote, e che invece ora le deve abbandonare.
Non potendo scendere nelle piazze i balconi italiani si sono trasformati in piazze e, nelle strade vuote, spesso si è sentito quell’inno che purtroppo abbiamo relegato a coretto da partita di calcio. Su molti balconi è spuntato il tricolore, quello stesso vessillo che negli ultimi anni qualcuno ha brandito come una clava, trasformando quel simbolo di unità e di fratellanza in un motivo di divisione e intolleranza.
In questa quarantena che dovrebbe annullare i rapporti sociali degli italiani, abbiamo assistito alla riscoperta di un’appartenenza comune a un soggetto sociale più vasto. Quei tricolori non sono il segno di un nazionalismo cieco capace solo di chiudere e di respingere, ma sono, invece, l’espressione di un sentimento alto e aperto di patria, capace di alleviare le sofferenze individuali trasformandole in collettive. Il dolore, la paura e la solitudine di ogni casa esce dai balconi, si incontra con le altre, si unisce e diventa sentimento popolare vero.
Quei balconi però rischiano di trasformarsi in operetta, rischiano di perdere la loro forza e il loro valore se ridotti a momenti social, a mera apparenza vile e pavida.
In questo dolore che affligge l’Italia, in questa paura che attanaglia un popolo intero, riscoprire un valore nazionale condiviso, fatto di appartenenza, fratellanza, umanità e solidarietà è un passo fondamentale affinché quando tutto sarà passato, nessuno potrà sfruttare ancora quel tricolore allegro, fiero e vivace per odiare, chiudere e cacciare.
Il coronavirus ha mostrato ad ognuno di noi l’impossibilità di chiudere il mondo fuori dalla propria porta. Ci ha fatto riscoprire il valore dell’altro, ci ha ridato orgoglio e onore per una storia nazionale troppo spesso ignorata. Per questo oggi a poche ore dal 17 marzo, con quei balconi che mostrano un’Italia che si riscopre Paese, ricordare le parole di chi, come Giuseppe Garibaldi, questa nazione l’ha fatta ha un valore profondo.
Amici ! – Io vi ringrazio …..
Voi dite il vero, ma forse ci è della esagerazione. Sono timori. Peró tutto può succedere. Dobbiamo essere persuasi che s’ingannano altamente coloro che cercano di manomettere il nostro paese : s’ingannano davvero.
Siamo forti – forti più di quello che non credono – Non parlo delle cinquecentomila, né del milione di baionette, che pure l’Italia potrebbe dare – Ma abbiamo il popolo – abbiamo la nazione con noi!.. L’ Italia, ad onta dei tristi effetti della politica cavouriana, vassalla non degna del paese, e di quella turba di lacché che la appoggiano , deve essere!….
Io, poi, ringrazio gli operai ed il popolo italiano , della fiducia che hanno in me: fiducia ch’io non merito, perché come individuo, io non valgo nulla: e se merito la fiducia del popolo, credo di meritarla perché ho la coscienza di non averli ingannati, e possono star sicuri che non li ingannerò giammai.
Però il paese non deve riposare in me solo: che abbia coscienza di sè, e non creda, che se la provvidenza ha voluto scegliere un uomo, me pover’uomo, a fare un po’ di bene, non ve ne siano altri che possano fare quanto me, e più di me.
Bisogna che sappiano che fra quei prodi che mi hanno seguito (e qui ne vedo alcuni) cento vi sono che possono sostituirmi se mancassi – Si sa che noi tutti siamo mortali, e che perciò da un momento all’ altro posso anch’io andare al diavolo, intendo dire se una palla mi portasse via.
Hanno cominciato i mille – vennero le migliaia – e ad una nuova chiamata verranno i dieci, i trenta, i centomila…..e cresceranno, persuadetevi, in proporzione geometrica. – Io non dormo, né ho dormito mai. – Il bene di questa misera Italia fu sempre l’idolo della mia vita. – Io ritengo che siamo sempre in istato di guerra. – Il momento può essere vicino: ed io, potete crederlo, il desidero più oggi che domani – e forse più di tutti. – Noi non siamo di quelli che si lasciano comprare da brevetti , pistagne e dorature, come la turba de’ lacchè e delle livree.
Credono di dare il coraggio, dando delle spalline. – Ma noi non ne vogliamo. – A noi ci basta un fucile ed una giberna.
Noi non abbiamo un parlamento che risponda alla dignità della nazione. Ma la nazione è nel popolo – nel popolo, che è buono dappertutto – a Marsala come a Torino.
La nazione non ha paura, e i nemici d’Italia, vengano da destra o da sinistra, dovranno pensarci bene. Siamo ventidue milioni di italiani!!!- e non andrà molto che Cavour e compagnia bella renderanno strettissimo conto del loro misfatto.
Non dobbiamo dimenticare che l’Italia deve molta gratitudine a Vittorio Emanuele. Non dimentichiamo che quello fu il perno a cui ci siamo aggruppati , e col quale abbiamo potuto fare quello che si è fatto. Egli è bensì circondato da un’ atmosfera corrotta – ma speriamo di condurlo nella buona via. Egli ha fatto molto, ma pur troppo, non ha fatto tutto quel bene che poteva’ fare. – Poteva fare di più!
Noi siamo stati trattati male, hanno voluto creare un dualismo fra l’esercito regolare ed i volontarii, che pure si sono battuti da prodi: hanno voluto provocare della discordia. Hanno disfatto l’opera di unificazione da noi incominciata. – Hanno voluto dividere due elementi tanto preziosi e necessarii nelle attuali circostanze – Ma lasciamo. Queste sono immondezze da non curare – Al di sopra di tutto sta l’Italia !!! – Se qualcuno dovesse chiamarci offeso, voi lo sapete, sarei io.
Un’ altra cosa debbo raccomandarvi, che ripeterete ai vostri mandati, e che non potrei raccomandare abbastanza….la concordia. – Io non sono oratore – ma tutto quello che dico viene dal cuore.
Voi sapete la nostra storia, la quale se non è la prima, non è seconda ad alcuna.
Roma nella concordia fu potente e grande – L’Italia sotto le repubbliche del medio evo, benché abbia fatto dalle grandi cose, perché 1′ Italia farà sempre delle grandi cose, pure, perchè divisa, fu il ludibrio dello straniero. Quando saremo tutti uniti ci temeranpo. – Ci temono già – Abbiamo le simpatie delle grandi nazioni.
Siamo dunque concordi, e l’Italia sarà.