Napoli

Le strade e le piazze vuote. I negozi, i ristoranti e i bar chiusi. Il silenzio regna. Questa è Napoli alle 20 di un martedì di coronavirus.

Stiamo vivendo una delle fasi più complicate della storia dell’umanità moderna perché non esistono nemici e non esistono soluzioni. Non è una guerra. In guerra c’è chi la decide e chi la vive. La guerra lascia morti, storie, contatti, crea umanità  e condivisione anche nella sofferenza. 

Quello che stiamo vivendo in questi giorni è il vuoto che si appropria degli spazi, l’assenza, la scomparsa dell’aspetto sociale dell’umanità.

Le strade di Napoli si sono svuotate, quelle che ogni giorno venivano attraversata da piedi, teste, gambe e storie, si sono trasformate nel vuoto di una paura reale che non è fobia ma che è una realtà che arrivata tanto improvvisa quanto annunciata. 

“L’Italia è chiusa” non è una frase che rende bene l’idea. L’umanità si è svuotata, il sistema sociale, economico e umano che solo fino a pochi giorni fa sembrava incrollabile non c’è più e prima che ce ne rendessimo conto lo abbiamo già sotto gli occhi.

Le immagini di Piazza Vanvitelli e di Via Scarlatti vuote sono lì a dirci che ci sarà un prima e un dopo e che per ora ci troviamo in quel precario presente che non è più prima e non è ancora dopo. 

La paura la si soppesa negli sguardi resi più apocalittici dalle mascherine, dai gesti resi più improbabili dai guanti in lattice. Gli occhi di ognuno di noi hanno già iniziato a misurare in maniera automatica la distanza di un metro. Un metro che ci toglie gli abbracci, le strette di mano, i baci.  

L’Italia è chiusa in casa e aspetta che il virus silente e invisibile si stanchi. 

Napoli è chiusa in casa e da dietro le finestre tutti guardano un vuoto al quale nei giorni ci abitueremo. 

Riaprirà, ci sarà un dopo, passerà la nottata, torneranno gli abbracci, torneranno i baci, si ridurranno le distanze. Le strade si riempiranno di nuovo di gambe, di piedi, di teste, di storie, di luci di negozi, di urla, di schiamazzi, di starnuti e colpi di tosse. 

Usciremo di nuovo di casa, cosa troveremo non lo sappiamo ma apprezzeremo molto di più la socialità, lo stare insieme il potersi abbracciare, il contatto. Recupereremo gli abbracci persi.