Il centro italiano sugli studi elettorali ha analizzato i dati delle ultime elezioni regionali. Ed il quadro che è venuto fuori conferma quanto non sempre percezione pubblica e realtà dei fatti vadano di pari passo. Il riferimento è quello delle preferenze, strumento indispensabile per la scelta dei consiglieri regionali. Ebbene, delle 7 amministrazioni chiamate alle urne solo in Puglia si è fatto un utilizzo diffuso delle preferenze. Altrove, Campania compresa, il dato è inferiore alle aspettative. E, sottolineano dalle università coinvolte nelle misurazioni, anche rispetto a quanto si poteva immaginare.
Innanzitutto, il dato geografico: più a Nord si va, meno gli elettori propendono per indicare il prescelto. Una tendenza certamente non sorprendente, visto che i “signori delle preferenze” sono appannaggio preponderante della classe politica meridionale. Ma anche in questo caso qualche sorpresa, se così la si può definire, non manca. E si torna a parlare del dato campano. Dove le preferenze, seppur superiori ad altre realtà, non sono “esplose”.
Il centro italiano di studi elettorali ha poi analizzato altri aspetti. Provando a capire quale fosse in Campania il partito dove maggiore è la propensione degli elettori ad esprimere le preferenze. E' il Nuovocentrodestra la formazione politica dove più alta è l'incidenza alla scelta del candidato. Seguito a ruota dal Pd e da Fratelli d'Italia. Più staccate Forza Italia e Sinistra e libertà, mentre davvero pochi – e anche questa non è una novità – sono gli elettori 5 Stelle che esprimono la preferenza. Insomma, in una Nazione dove spesso si sente parlare di nominati e scelte dall'alto, non sembra così urgente ripristinare le preferenze anche per il Parlamento.
Giovanbattista Lanzilli