Cetara

“Ho fatto le scuole basse”. Con timidezza e umiltà ha risposto così, dinanzi ai giudici del Tribunale di Salerno, il teste Armando De Santis, scusandosi per una lettura del giuramento “impacciata” e suscitando qualche inopportuna risatina tra i presenti.

Una testimonianza necessaria, la sua, per un processo, iniziato nel 2016, a carico di Antonio Ferrigno, contadino di Cetara.

Tre uomini che nella vita hanno sempre guardato al lavoro. Mani ruvide per la terra e il sudore. L’orizzonte ha sempre segnato la fine delle loro giornate, l’alba l’inizio. Mai avrebbero pensato di ritrovarsi dinanzi ad un giudice monocratico della prima sezione penale del Tribunale di Salerno.

Antonio Ferrigno si è presentato questa mattina in aula per rendere la sua versione dei fatti, a difenderlo l'avvocato Rocco Pecoraro. Il cetarese è accusato di aver costruito un manufatto a Cetara senza le dovute autorizzazioni. Negli anni, infatti, i carabinieri hanno sottoposto a sequestro lo stabile, disponendo successivamente anche il dissequestro. In realtà la struttura fatiscente, venne acquistata dall’imputato nel lontano 2000. Veniva utilizzata come deposito per gli attrezzi agricoli. Ad avvalorare questa tesi anche il testimone Armando De Santis che è nato e cresciuto in un’abitazione a due passi dal manufatto in questione.

“La proprietà era di un’altra donna. Sono cresciuto vicino il manufatto, una baracca in ferro che esiste dagli anni ‘50”.

Solamente all’inizio degli anni duemila, infatti, Antonio Ferrigno ha acquistato la struttura regolarmente, pagando le tasse che ne derivano e intestandosi anche contratti per l’acqua e l’elettricità.

“Ho dovuto mettere una tettoia, sostituendo la lamiera in ferro, a causa delle intemperie. Volevo fare un’ordinaria manutenzione. Ho avuto una visita dei carabinieri, che hanno sottoposto a sequestro lo stabile, ma ho ottenuto un accertamento di conformità urbanistica dal comune e della compatibilità paesaggistica”. Ha dichiarato sotto giuramento Ferrigno.

I tre hanno lasciato l'aula poco dopo, con la consapevolezza di veder conclusa la vicenza. Sia il pm di turno che l’avvocato difensore hanno chiesto l’assoluzione. “Si è limitato a fare una manutenzione ordinaria per la quale non serviva un tecnico specializzato né alcuna comunicazione. Chiedo l’assoluzione perché non costituisce reato”. Ha dichiarato in aula l’avvocato Pecoraro.

La vicenza potrebbe arrivare ad una fine già dalla prossima settimana, giorno in cui sarà emessa la sentenza.