Ferve l’attesa dei vincitori del Concorso internazionale “Echi di poesia dialettale 2015” svolto con l’alto patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Regione Campania, del comune di Bonito, Montemarano ecc.. Quest’anno la grande novità è di aver ottenuto finalmente il beneplacito dell’Unesco (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura), con la seguente dicitura: “La Commissione Nazionale per l’Unesco è lieta di poter concedere il proprio patrocinio al Concorso "Echi di poesia dialettale 2015", la cui premiazione si terra a Bonito (AV) il 1 agosto 2015. Tale iniziativa, volta alla valorizzazione dei dialetti attraverso il componimento poetico, risulta in sintonia con i valori espressi dall’Unesco”.
Patrocinio molto atteso perché dichiara il nostro operato valido per la conservazione del dialetto, un primo passo verso il riconoscimento dei dialetti come patrimonio immateriale dell’umanità, traguardo che è nei nostri propositi. L’Unesco, nacque il 4 novembre 1946, a Parigi, dopo che una ventina di Stati avevano accettato l’Atto costitutivo, redatto un anno prima a Londra, cui avevano partecipato i rappresentanti di 44 Paesi.
Nel preambolo dell'Atto costitutivo dell’Unesco si legge: “Poiché la dignità dell'uomo esige la diffusione della cultura e l'educazione di tutti per la giustizia, la libertà e la pace, tutte le nazioni hanno doveri sacri da adempiere in uno spirito di mutua assistenza... Una pace fondata sui soli accordi economici e politici dei Governi non può determinare l'adesione unanime, durevole e sincera dei popoli; per conseguenza, questa pace deve essere costruita sul fondamento della solidarietà intellettuale e morale dell'umanità”. L’organo dunque si propone di: «contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza, favorendo, mediante l'educazione, la scienza e la cultura, la collaborazione fra nazioni, al fine di assicurare il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle Nazioni Unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione».
E’ forse questo il proponimento più bello che l’umanità abbia mai immaginato, il rispetto tra le varie culture, etnie, religioni, e non solo in larghi termini, l’umanità è fatta di tante piccole culture, come un prato in cui fioriscono specie differenti appartenenti alla stessa Famiglia o a Famiglie diverse ma comunque capaci di convivere nella stessa zolla con vari escamotage. Le piante, esseri intelligenti ma non considerati tali, sanno mettere in atto diverse strategie per convivere o impiantarsi in luoghi dove non possono vivere altre, nel corso dell’evoluzione quindi, ognuna ha sviluppato una sua prerogativa, le alofile si adattano ai luoghi salini dove altre non sarebbero capaci di sopravvivere, così le acidofile o le basofile, le commensali si organizzano alla convivenza. Quelle che vivono nei boschi di faggi hanno breve durata perché non possono sopravvivere all’oscurità causata dalla folta chioma degli alberi ma aspettano il prossimo ciclo riposando nel ventre della Grande Madre. Quelle che nascono sulle rocce ad alta quota hanno eliminato il caule aggrappandosi alle rocce coi fusti retroflessi per difendersi dal vento. La stessa cosa non sa fare l’uomo, unico essere che ha fama di potere e non di sopravvivenza. Per fortuna nel genere umano, ogni tanto, nascono personaggi illuminati capaci di vedere oltre i termini economici, ed è allora che, di là dalle beghe politiche, nascono organizzazioni capaci di guardare dentro e non fuori l’uomo, capaci di vedere le necessità del pianeta, le cose da salvaguardare.
Tra queste, noi siamo convinti che c’è il dialetto come patrimonio immateriale da tutelare e riproporre per evitare l’omologazione culturale quindi conservare l’identità dei popoli. Questa necessità abbiamo colto noi del Centro di ricerca tradizioni popolari “La Grande Madre” e come tale cerchiamo di fare il possibile per porla all’attenzione degli organi preposti alla salvaguardia. A testimoniare l’urgenza di questa presa di coscienza sono le centinaia di poesie giunte dall’Italia e dall’estero, scritte in tutti i dialetti italiani. Ci è giunto materiale anche dai fratelli musulmani, cosa al di fuori della nostra competenza di giudizio ma che noi abbiamo accettato comunque perché testimonianza di volontà di pace in un momento in cui gli equilibri internazionali sono precari. Se l’umanità impara a riconoscere un solo dio che non ha nome né volto ma lo si riconosce nell’amore e nel rispetto per ogni atomo di materia, se toglie l’uomo dal centro del mondo e si immagina parte pericolosa di un sistema perfetto, allora potrà sconfiggere l’ondata di male pilotata dai sistemi di potere economico-politico internazionale. Noi della Grande Madre, vicini alla terra, alle sue urgenze, all’uomo e non ai sistemi di potere, animati dai consensi che continuamente ci giungono, continuiamo la nostra missione attraverso tutte le attività di cui abbiamo padronanza con l’aiuto di quanti credono nel nostro non lucroso operato.
Franca Molinaro