“Pasqua bofania, ogni festa piglia la via, rispunnivo Santo Bonito, ce stace ancora puro la mia”. Nel proverbio bonitese leggiamo tra le righe il risentimento di questo santo “minore” che non viene inserito nelle festività natalizie pur essendone al margine. In effetti, la festa, che cade il 15 gennaio è una sorta di passaggio tra il tempo di Natale e quello di carnevale inaugurato da Sant’Antonio Abate. L’Epifania stabilisce, attraverso il calcolo delle lune, il giorno della Pasqua di Resurrezione, chiude il ciclo delle calende per le annuali previsioni meteorologiche e reimmette l’uomo nel Tempo Ordinario. La vecchia brutta è Madre Natura che muore per rinascere, porta giorni più lunghi e pleniluni splendenti, spesso aria rigida e cielo sereno. In montagna, qualche bucaneve coraggioso eleva il caule dal manto nevoso e, come piccoli gioielli, dondola i fiori candidi alla minima brezza, sbocciano i primi crocus e l’elleboro fetido mette la velenosa pannocchia di fiori verdi. Il circolo si chiude per riaprirsi al nuovo ciclo vitale, la Grande Madre feconda ripopolerà i suoi fianchi con le magnifiche creature “più belle di Salomone in tutto il suo splendore”. Ma intanto c’è ancora un lungo periodo di freddo da affrontare e tutti i rituali utili a sollecitare la ricomparsa del sole. In questo periodo rientrano le festività di Santi poco conosciuti ma molto celebrati in alcuni luoghi dove detengono il padronato. Il primo è San Potito martire festeggiato ad Ascoli Satriano (FG) il 14 gennaio e a Tricarico (PT). Il santo era figlio di una ricca famiglia ma solo lui si convertì al cristianesimo e per questo fu martirizzato. Secondo la tradizione fu gettato nell’olio bollente ma essendone uscito indenne gli fu perforato il cranio con un grosso chiodo, compare così anche nell’iconografia. La storia del ritrovamento è alquanto insolita. Si narra che, in località Mefite, lungo il Carapelle, un asino carico di mercanzie sprofondò nel fango, il mulattiere che lo conduceva non riuscì a liberarlo, allora lo uccise sul posto e lo scuoiò per venderne la pelle. Dopo poco, però, l’uomo udì alle spalle il raglio del suo asino, si voltò e, miracolo, la bestia era resuscitata e lo seguiva senza pelle addosso. Il mulattiere rivestì l’asino della pelle, però al contrario di modo che la coda gli usciva sulla fronte, e lo seguì. La povera bestia lo ricondusse sul luogo dell’incidente e l’uomo capì che doveva scavare, dal fango, infatti, trasse le spoglie di San Potito. Il mulattiere, che era di Tricarico, portò le reliquie al suo paese. In Ascoli è venerato un avambraccio del santo. Un tempo gli Ascolani si recavano in processione, sul luogo del ritrovamento, la tradizione è ormai scomparsa mentre c’è ancora l’uso del “ciuccio di fuoco”, una sagoma di asino rivestita di fuochi artificiali che esplode in piazza, nella mattinata del 14, dopo le funzioni religiose. Ad Ascoli, il santo conclude le feste di Natale, il suo dies natalis è l’ultimo a risplendere delle luci natalizie, poi si smontano i presepi e gli abeti. Il 15 gennaio, in Irpinia si festeggia San Bonito nel paese omonimo, senza particolari tradizioni se non la santa messa. Bonito nacque in Alvernia nel 623, ricevette un'ottima educazione e si distinse nella vita per il suo comportamento retto e santo. A Bonito fu introdotto dalla famiglia che ne portava il casato e che, probabilmente, diede anche il nome al piccolo centro rurale. Da tempo immemore, in paese si recita questo proverbio: “Santo Bonito, ogni mogliere vatte lo marito” ma i Bonitesi amano modificarlo in: “Santo Bonito, ogni mogliere se face vatte da lo marito”. Non sappiamo il perché di questa dicitura, probabilmente per donare un momento annuale di riscatto alle povere donne spesso vittime della violenza maschile. C’è da dire che la violenza non era un problema bonitese, tutto il Sud ha sofferto questa piaga e ancora, in alcuni casi ne soffre. La donna, considerata come la serva della casa, non era mai guardata con rispetto se non a un certo punto della vita quando riusciva ad emanciparsi grazie alla morte dei suoceri, del marito o ad altre disgrazie simili. Allora assumeva quell’autorità mal gestita perché spesso utilizzata a discapito della propria categoria. Discorso lungo e articolato che non può essere affrontato in questa sede per cui continuiamo con il nostro excursus tra i santi del freddo. Il 17 gennaio, con falò accesi in tutta la penisola, arriva il Santo patrono degli agricoltori e degli animali, il santo che raccoglie l’eredità del dio Lug, divinità celtica della luce, Sant’Antonio Abate. Oltre che dare inizio ai festeggiamenti di carnevale con vere e proprie sfilate in maschera come a Montemarano (AV), il santo gode di gran considerazione presso tutto il mondo agrario per i legami col maiale e gli animali della masseria. In alcuni paesi, come a Montefalcone in Valfortore (BN), il 17 gennaio, gli animali domestici, belli infiocchettati, vengono portati sul sagrato della chiesa per la benedizione del sacerdote, una volta c’era anche la corsa dei cavalli; anche in altri paesi (Rocchetta Sant’Antonio – FG) si benedicono ma senza decorazioni. Carmen Fumagalli da Bergamo parla del santo invocato per trovar marito, ecco come recita la filastrocca bergamasca: Sant'Antóne de la barba bianca / fim troà chèl che l'me manca / sant'Antóne miraculùs / fìm la grassia de fà 'l murùs: / sant'Antóne del porsèl / fì 'n manéra che l'siès a bèl / se pò l'gh'à a' di palanche / fì 'n manéra che no l'me manche... (Sant'Antonio della barba bianca / fammi trovare quello che mi manca / sant'Antonio miracoloso / fammi la grazia di fare il moroso / sant'Antonio del porcello / fate in modo che sia bello / se poi è anche benestante / fate in modo che non mi manchi.) “Sant’Antuono santo ‘ntonato si ea vero la vernata ea passata”, ma non è proprio così, il freddo persevera con il santo “’mpicciuso”, un santo pericoloso per alcuni lavori agricoli e domestici, è San Sebastiano, in alcuni dialetti “Vastiano”. Sono diverse le attività tabuizzate e di varia natura, vanno dal veto di far salami al tagliar legna o seminare fave, piantare alberi ecc. “A Santo Vastiano non se ‘sfascia e non se ‘ntiana”. Quanto al freddo, in Piemonte dicono: “San Sebastian’ frecc’ da can’”, anche perché, in Puglia dicono: “A Sant’ Vecienz’ viern’ mett’ le diente” e San Vincenzo si festeggia il 28 gennaio.
Franca Molinaro