Presso la sede dell’Unic (Unione Nazionale Industria Conciaria), con sede a Milano in via Brisa, martedì 18 febbraio 2020 alle ore 11.30 sarà presentato il dipinto ritratto di comandante con baffi e moschetta, olio su tela (di forma ovale, dimensioni 118x89 cm.) di autore ignoto, recentemente restaurato.

La cornice coeva reca sul retro una scritta chiarificatrice sull’identità dell’effigiato, aprendo alla conoscenza del vissuto di un soldato del Seicento con alti incarichi di comando militare, oltre che ambasciatore, e di conseguenza di uno spaccato della storia del nord della penisola italica, tra la Romagna e Milano.

L’opera, considerando il testo dietro la cornice e studiando altre fonti a esso collegate, la fattura del dipinto e l’abbigliamento del soldato, è databile al terzo decennio del Seicento, periodo cruciale per tante vicende politiche e sociali, tra guerre (dei Trent’anni per citarne una) e carestie (celebri quelle che culminarono a Milano nella peste del 1630, di cui si legge nei Promessi Sposi).

Arricchisce l’evento la presentazione di un costume realizzato totalmente in pelle sul modello della corazza del soldato, dalle docenti di moda Fabrizia Ferrenti e Maria Rosaria Santin, con la collaborazione degli allievi del Liceo artistico Caravaggio di San Gennaro Vesuviano (Napoli). La pelle, orgoglio del made in Italy, attualizza un manufatto militare materializzando un prodotto in bilico tra artigianato e arte.

A discuterne Fulvia Bacchi direttore dell’Unic, Diodato De Maio amministratore delegato D.M.D. S.p.a. Solofra, Nicola Saldutti caporedattore del Corriere della Sera, Vincenzo De Luca docente di storia dell’arte, autore degli studi sul dipinto e del catalogo e ideatore del progetto. Scrive nel catalogo Vincenzo De Luca che Giulio Cesare, l’effigiato del dipinto, proprio per il fatto di essere ritratto (e per come si mostra nel dipinto) denuncia una posizione sociale importante e una condizione economica benestante, potendosi permettere la committenza di un quadro che lo ritrae. Inoltre, doveva essere anche dotato di una certa cultura, probabilmente raffinato nei saperi e nelle conoscenze; lo si deduce dalla sua vicenda personale, in quanto ambasciatore impegnato in vari territori, e dal fatto che in generale i soldati sotto la corona di Spagna erano tutt’altro che analfabeti. Il periodo a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento assiste a grandi imprese militari spagnole ma anche al fiorire di grandi capolavori della letteratura iberica; spesso la penna e la spada coincidono. Alcuni soldati, proprio in quanto dipendenti direttamente dal re, scrivevano i ‘papeles’, documenti narranti le loro imprese sperando di avere incarichi sempre più importanti, oppure testi, anche di poche pagine, sulla vita militare.

Il catalogo è edito dall’Unic in collaborazione con la Fondazione De Chiara De Maio e il Filangieri Museo di Napoli nelle cui sale già precedentemente sono state ospitate altre opere, del Cinquecento e Seicento, di proprietà della Fondazione.