"Nei giorni scorsi, è stato pubblicato su un quotidiano, un articolo inerente più pagine, dal titolo equivoco circa il raddoppio delle pensioni rispetto ai salari. Voglio precisare che la notizia che le pensioni negli ultimi 10 anni sarebbero cresciute più del doppio dei salari, oltre che sorprendermi appare come un colpo forte alla piattaforma unitaria dei pensionati, che chiede finalmente, una vera rivalutazione delle pensioni." Inizia così, con questo chiarimento, la nota del segretario generale Fnp Cisl Campania Augusto Muro.

"In realtà la riflessione Istat tenta di dimostrare un’altra cosa e precisamente: laddove ci sono pensioni il rischio di povertà è minore.

Lo studio Istat analizza nel periodo 2000-2018 l’incremento delle pensioni che è rimasto molto basso, su un dato di circa 29mila famiglie in tutta Italia, volendo dimostrare un certo impoverimento del ceto medio e pertanto, utilizza redditi da pensione medio-alti.

Ora in assenza di rinnovi contrattuali, è probabile che in un arco di tempo di quasi 10 anni la crescita di pensioni e salari possa divaricarsi. Ma c’è un dato che taglia la testa al toro. Se veramente le pensioni fossero cresciute al doppio dei salari, in questo arco temporale, non si capisce più perché, le pensioni crescono mediamente del 16,05% del
Pil e solo nell’ultimo anno (2018) rispetto al 2017 del 16,06% del Pil.

Una crescita così esigua non giustifica l’assunto che le pensioni sarebbero cresciute il doppio dei salari. D’altro canto se solo guardassimo la realtà quotidiana non ci sarebbe un pensionato che non vi dica che la sua pensione è ferma da molti anni. Se però un grande quotidiano spinge su questo argomento in maniera così forte, forse l’intento è un altro?

E più precisamente, può essere quello di mettere in cattiva luce il sindacato che non avrebbe dimostrato senso di responsabilità e non si fosse accorto che il sistema pensionistico poteva essere a rischio. Per quanto ci riguarda, ma anche per il sindacato unitario dei pensionati, proprio la presenza di una responsabilità forte del sindacato ha consentito al sistema di non implodere.

Sin dalla riforma del 1995, anno della riforma Dini, si è provveduto a modificare l’età pensionabile e il sistema retributivo in contributivo, non senza danno sui pensionati, ma solo la capacità di prevedere un futuro migliore per tutti ha consentito di evitare danni maggiori.

Ecco perché anche l’intervista ad un pensionato, con “pensione d’argento”, che quasi si vergogna di avere un assegno pensionistico più alto, in realtà vuol dire che è contento così di poter aiutare i figli che lavorano e non ce la fanno. Ciò a dimostrazione che le pensioni sono diventate l’ammortizzatore sociale più importante del nostro Paese.

Solo per amore della verità, ricordo che, per quanto riguarda il Mezzogiorno, il Sud rimane l’area in cui le famiglie sono più numerose anche se in graduale calo.

In Campania ci sono 100 giovani a fronte di 130 anziani ed è la percentuale più alta di vecchiaia del Sud e l’indice di dipendenza strutturale degli anziani, ovvero il rapporto tra la popolazione inattiva (65 anni e oltre) e la popolazione attiva (dai 15 ai 64 anni), è il 28,2% ovvero, la percentuale più bassa di tutta Italia, il che non sarebbe un dato negativo se non fosse correlata al dato della complessità del nucleo familiare.

Quindi, non è criticando un sistema contributivo con un altro che si può immettere veleni e sospetti tra i cittadini pensionati e i giovani. Infatti come dice lo stesso professore Brambilla, padre della quota 100, riportato dal suo giornale a pagina 3, ritiene che il sistema è in equilibrio e lo sarà anche per molto tempo.

Infine, non è facendo le pulci alle statistiche, cercando di trovare un responsabile da indicare agli altri, né insinuando che qualcuno ha fregato qualche altro che l’Italia esce dalla crisi in cui è, ma cercando di realizzare uno sviluppo possibile, sostenibile, che faccia leva su un forte sentimento di solidarietà ed investa con forza nel territorio, nell’ambiente, nello sbloccare i cantieri fermi, nel creare insomma lavoro, lavoro vero, distinto dall’assistenza, lavoro che crei sviluppo, che aumenti la ricchezza complessiva del Paese, in maniera da poterla ridistribuire. Come si è fatto in stagioni di ricostruzione e di allargamento del benessere e su questo fronte la stampa e il sindacato dovrebbero
essere alleati."