Benevento

“Je suis Nicolò Franco”. Si intitola così una lunga nota di Rito Martignetti, presidente di Isidea, che spiega: «Il 13 settembre del 1515 nasceva a Benevento lo scrittore Nicolò (o Niccolò) Franco, avviato agli studi dal fratello latinista Vincenzo, il quale ebbe tra i suoi discepoli il futuro pontefice Paolo IV. «Franco alla penna e al nome» come disse di se stesso, fu uomo del suo tempo. Ma, come sottolineò Alfredo Zazo, di quel tempo egli abusò, infierendo con i suoi scritti sugli avversari, senza freno né misura. Nel 1537 divenne segretario dell’Aretino, che ebbe così a prevederne il futuro: “Messer Nicolò Franco, dopo me, sarà un altro me”. Il feeling non durò molto e, nel 1540, ecco pubblicate dal sannita le Rime contro Pietro Aretino, cui seguirono i non meno osceni sonetti della Priapea, ma anche i più soft Dialoghi dove si ragiona di Bellezze, dedicati a Maria d’Aragona, governatrice di Benevento.

In continua erranza in Italia e all’estero, acquistò fama grazie a due opere del 1539: le Pistole vulgari e quei Dialogi piacevoli che, dopo la sua morte, beffardamente divennero “piacevolissimi…espurgati da Girolamo Gioannini da Capugnano bolognese”. Nel 1556, alla morte del fratello Vincenzo, ritornò a Benevento per provvedere alla sorte dei due orfani nipoti. Nel giugno del 1558 era di nuovo a Roma e un mese dopo, arrestato in casa di Bartolomeo Camerario, subì otto mesi di carcere a causa dei suoi commentari latini agli asseriti componimenti virgiliani in gran parte osceni.

Ritornato libero, scrisse, tra l’altro, un violento libello contro Paolo IV e i Carafa. Eletto pontefice Pio V, fu ripristinata l’Inquisizione e di nuovo il Franco fu arrestato per i suoi scritti e pasquinate il 1° settembre 1568, subendo sei mesi di interrogatori alternati a torture.

Rifiutò ogni difesa legale e si rimise alla clemenza del Papa, con un risultato incredibile: il povero diavolo Nicolò Franco l’11 marzo del 1570 penzolava dalla forca eretta in Ponte S. Angelo a Roma, mentre Pio V guadagnava meriti per la sua futura santità, attestata in calendario ogni 30 del mese di aprile. Come ha scritto Mario Infelise nell’introduzione al Dialogo del venditore di libri di Nicolò Franco (Marsilio, 2005): “La condanna a morte poneva termine a una vita vissuta pericolosamente all’insegna della scrittura”.

A 500 anni dalla sua nascita, Benevento è chiamata a ricordare finalmente e degnamente un suo figlio grande e perseguitato. Al “letterato errante” sannita è stato dedicato veramente poco: un periodico dell’Ottocento, una strada, un “gruppo Franco” itinerante con percorsi di ordinaria poesia, alcuni saggi tra cui quelli di Adele e Raffaele Matarazzo, il dramma di Giuseppina Luongo Bartolini “Nicolò Franco beneventano”, edito a Pescara (!) da Tracce nel 1996 e rappresentato l’anno dopo in Molliche/Città Spettacolo.

Non esiste alcuna scuola del Sannio dedicata al Franco e ISIDEA si rivolge, in particolare, proprio al mondo scolastico per rompere il silenzio su chi, come ricorda ancora l’Infelise, “in tempi che raccomandavano prudenza, di fronte all’Inquisizione che non aveva esitato a torturarlo, aveva avuto il coraggio di riaffermare la stima nei riguardi di Erasmo da Rotterdam e il dispiacere per le molte opere che l’indice dei libri proibiti aveva tolto dalla circolazione”. Nous sommes tous Nicolò Franco!».