Benevento

I volti stanchi ma indomiti delle pasionarie di Sant'Agata dei Goti in lotta per salvare l'ospedale Sant'Alfonso Maria dei Liguori.
Le mamme in catene per garantire il diritto alla salute ai propri figli sono l'immagine del 2019 nel Sannio.
Un'immagine di forza e concretezza che stride con le promesse e i troppi debiti che le circondano.
La battaglia nasce da quando l'accorpamento del Sant'Alfonso con il Rummo nell'azienda ospedaliera San Pio, lo condanna ad un presidio. Le mamme di Sant'Agata non ci stanno.
Lottano per garantire le cure ai propri bambini e decidono di protestare con la propria pelle.
Il 30 marzo 2019 si incatenano davanti al Sant'Alfonso. Montano una tenda che rimarrà lì per mesi. Lì vivono, dormono e protestano con lo sciopero della fame. Non si lasciano intimidire. Non arretrano di un centimetro. Tenaci, resistenti, battagliere. Stanche e provate ma sempre attente e pronte all'azione. “Non siamo numeri, siamo persone” continuano a dire.
Occupano il comune di Sant'Agata e si incatenano perfino al campanile della chiesa della Santissima Annunziata. Il 30 aprile a Benevento arriva il Governatore De Luca che al Rummo non solo racconta la sua “sanità” ma ai cittadini del Sannio chiede una statua, un mezzobusto per il lavoro svolto. Le pasionarie di Sant'Agata sono lì, una promessa strappata. Il 9 maggio c'è il decreto per mantenere il pronto soccorso del Sant'Alfonso, qualche giorno dopo il decreto riceve l'approvazione del Ministero della Salute. Per il Sant'Alfonso è una speranza.
A Benevento, poi, le cose non vanno meglio.
Migliaia di cittadini firmano per mandare a casa i vertici della sanità pubblica. I sindaci si riuniscono più volte in assemblea e la 'rottura' è palese. Ad agosto cambia tutto. Una nuova direzione sembra imprimere vitalità e slancio al nosocomio cittadino.
L'uscita della sanità campana dal commissariamento si traduce nell'annuncio di 20 milioni di euro per il San Pio annuncio. La situazione potrebbero nettamente migliorare.
Anche qui una speranza.

 

Il 2021 dovrebbe essere l'anno della svolta anche per le infrastrutture. La Telesina, prima di tutto. Il raddoppio della statale 372 è ad un passo. Dopo l'ok di Anas, la pubblicazione del bando di gara del primo lotto. Da San Salvatore Telesino a Benevento. 460 milioni di euro per quasi 24 km.

“Non siamo più nel campo delle probabilità ma delle certezze” commentano i politici. Il bilancio di fine anno, però, ci impone di restare ancorati ai fatti. Alle persone che sulla Telesina hanno perso la vita. La 372 in attesa di diventare un'opera avveniristica continua ad uccidere (quasi un morto al mese in questo 2019).
Quasi non indignano più neanche le oltre due ore che i pendolari ci mettono a percorrere Benevento-Napoli via Valle Caudina.
Fanno notizia solo quando un treno deraglia (nella sera nel 6 aprile 2019) e fa rischiare una tragedia. Studenti, lavoratori, persone comuni impegnate nella lenta costruzione della realtà.
La soluzione? Si spera nel passaggio ad Rfi ma anche qui c'è un punto interrogativo enorme e altri soldi che non ci sono.
Si guarda alla tratta ferroviaria alta velocità/alta capacità. Dieci coppie di treni (venti corse) che percorrono Benevento-Roma in un un'ora e mezza, praticamente un treno all'ora. Concepirli significa compiere uno sforzo d'immaginazione che si avvicina al sogno.

Va peggio se guardiamo ad un'altra storica piaga: i rifiuti. Il Sannio ha bisogno di un sistema che ancora manca e il blocco dello Stir di Casalduni dopo l'incendio dell'agosto 2018 apre una forte crisi.
I comuni sono costretti a sversare fuori provincia, crescono i costi e la crisi si porta dietro il dramma lavoro. Sono quasi 50 le famiglie degli operai Samte che rischiano il lavoro. Quasi tutte monoreddito. L'impianto di Casalduni brucia ancora. Incendi di intensità minore ma un segnale che scoraggia.
Il blocco del termovalorizzatore di Acerra impone al Sannio di accogliere lì altre 12mila tonnellate di rifiuti. Una soluzione che dovrebbe durare solo 90 giorni e salvare i lavoratori. Non accade né l'uno né l'altro.
La protesta dei lavoratori si fa pressante, occupano lo Stir il 23 settembre e il 16 ottobre un operaio della Samte minaccia di lanciarsi nel vuoto (accade nuovamente il 18 dicembre). Contemporaneamente si riaccende anche la protesta dei lavoratori degli ex consorzi che da dieci anni aspettano una ricollocazione. Il 25 ottobre alcuni operai minacciano di lanciarsi nel vuoto da palazzo mosti dove sono riuniti per incontrare il sindaco, il 7 novembre occupano simbolicamente il Comune. Nell'ultimo giorno dell'anno in Prefettura va in scena la rottura tra Regione e Provincia e l'avvilente rimpallo di responsabilità
Anche qui tanti nodi da sciogliere.

Ma il 2019 è anche un anno di traguardi e possibilità. E' il caso di “Sannio città europea del vino 2019”. Le realtà di Castelvenere, Guardia Sanframondi, Sant’Agata dei Goti, Solopaca e Torrecuso hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento assegnato da Recevin. Nella Valle del Calore si coltiva il 40% dell’intera produzione viticola della Campania. Per l’intero corso del 2019 è previsto un ricco programma di appuntamenti, eventi, manifestazioni culturali ed enogastronomiche che dovrebbero costituire il trampolino di lancio del territorio. Certo c'è qualche visita illustre (il 1 marzo la consegna della laurea ad honorem all'enologo Riccardo Cotarella e il 17 novembre la visita del Ministro Luigi Di Maio a Guardia) ma sono le polemiche ad accompagnare l'evento sin dalla sua inaugurazione il 16 febbraio. Alle persone resta poco. Speriamo sia andata meglio ai produttori.

Perdona e dimentica, si dice. Il Sannio non può. Dimenticare significa restare fermo a combattere gli stessi fantasmi, condannato ad un eterno ritorno; al castigo di Sisifo senza però aver mai sfidato gli dei. Il Sannio spinge paziente il suo masso verso la cima della montagna e altrettanto paziente lo vede scivolare. Si rimbocca le maniche e torna al suo ineluttabile destino. Il Sannio è una palude, un pantano in perenne campagna elettorale.
Isolato da strade colabrodo e pericolose, punito da una sanità che stenta e coperto di monnezza.