Monteforte Irpino

Esattamente mezzo secolo. Tanti sono gli anni passati dalla morte dell'Agente Annarumma. Un tubo d'acciaio scagliato contro un poliziotto e l'impatto mortale che divento' il detonatore di una rabbia sociale durata anni di divisioni e scontri. Cinquant'anni fa, il 19 novembre 1969, data dello sciopero generale sui temi della casa, moriva a Milano in una manifestazione di piazza l'agente del reparto celere Antonio Annarumma, considerato una delle prime vittime degli anni di piombo. In occasione dell'anniversario della sua morte, il Comune di Milano ha dedicato una targa al poliziotto. E all'evento, oltre alle istituzioni, ha partecipato anche Mario Capanna, leader del movimento studentesco del '68 che prese parte - tra le polemiche e i tentativi di linciaggio nei suoi confronti - anche ai funerali del giovane poliziotto 22enne. Un gesto con cui ancora oggi ribadisce "l'estraneita' degli studenti alla sua uccisione". Il 19 novembre di cinquant'anni fa Antonio Annarumma, 22enne di Monforte Irpino, in provincia di Avellino, era alla guida di una camionetta della celere in via Larga, quando in pochi minuti sali' la tensione: un'altra camionetta della polizia aveva sfiorato un dimostrante e dai manifestanti comincio' un lancio' di oggetti. Uno di loro lancio' contro Annarumma, come fosse un giavellotto, un tubo d'acciaio di due metri, appena divelto da un'impalcatura che ricopriva gli uffici comunali di fianco al teatro Lirico. Erano dei giunti d'acciaio che - per ironia della sorte - tutti chiamavano 'tubi Innocenti' in nome del suo inventore. Un simbolo della ricostruzione e del miracolo economico italiano. Come una beffa della morte, lo stesso emblema divento' quel giorno un'arma che uccise e di cui nessuno avrebbe mai trovato il colpevole che l'aveva scagliata. Il tubo aveva colpito con violenza il poliziotto alla testa, che perse il controllo della sua camionetta e si schianto' contro gli altri mezzi dei suoi colleghi. Mori' poco dopo in ospedale, ma neppure sulle cause fu facile trovare una risposta univoca: per l'autopsia era stato il "colpo di lancia" ad uccidere, ma per la controinformazione studentesca Annarumma era morto nello scontro con gli altri mezzi. Dall'Irpinia vennero alcuni familiari di Antonio, che al paese aveva lasciato la mamma Giovanna, il padre pensionato Carmelo, tre sorelle e la fidanzata, Romilda, di 16 anni. Il giovane agente guadagnava ottantamila lire al mese, ne mandava la meta' alla famiglia. "Ricordo gli occhi del padre. Era impietrito davanti alla salma del figlio", racconta l'ex prefetto di Roma, Achille Serra, all'epoca giovane funzionario di polizia a Milano. E durante i funerali dell'agente un'altra mina rischio' di esplodere: alla cerimonia funebre partecipava anche Mario Capanna e, dopo il lancio del fazzoletto rosso sulla bara da parte di qualcuno, il leader studentesco evito' per un pelo il linciaggio organizzato dai giovani dell'estrema destra. "Fummo proprio noi agenti a metterlo in salvo. Luigi Calabresi, Antonio Pagnozzi (all'epoca entrambi all' 'ufficio politico' della Questura) ed io spingemmo Capanna in una farmacia e tirammo giu' la saracinesca", ricorda Serra. Ma per l'ex prefetto e molti altri che vissero quegli anni, il 19 novembre 1969 non mori' solo un poliziotto. "Da quel momento cesso' il movimento studentesco, che si inaspri' in un'altra forma di lotta". E oggi dopo aver attraversato altri gravi fatti, come gli episodi di Genova nel 2001, i tentativi di una 'riappacificazione' sono tanti. Poliziotti e studenti sembrano aver superato quelle distanze, troppe volte finite in tragedie e forse nate dopo quei maledetti due metri d'acciaio.