Avellino

È proprio vero: il silenzio è d'oro. Specie dopo una campagna elettorale caratterizzata da accuse e veleni da una parte e dall'altra. Quattro settimane di propaganda, scattate all'ufficializzazione delle candidature per il consiglio regionale della Campania, durante le quali sono stati messi in evidenza più gli errori degli avversari che le proprie proposte. Sono state elencate, una ad una, tutte le malefatte, o presunte tali, degli altri e non le proprie idee per il rilancio di una Regione ancora in difficoltà sotto tanti aspetti. E peggio ancora senza affrontare le vertenza di un’Irpinia che su tanti fronti ha bisogno di recuperare in fretta.

Molti candidati, come in un'arena, insomma, hanno dato la precedenza agli attacchi personali e messo in secondo piano i punti del loro programma, ammesso che ne avessero uno da illustrare. È apparso questo, in sostanza, l'andazzo di una campagna elettorale che non ha fatto sconti a nessuno e che tutti i suoi protagonisti più navigati, nessuno escluso, hanno interpretato come un lasso di tempo da utilizzare per denigrare l'altro, smontandone i presupposti della sua  candidatura. E così si è andati avanti tra un incontro pubblico e una conferenza stampa, una presentazione ufficiale e un appuntamento per pochi intimi, alla stregua del più classico dei “porta a porta”. Ma, soprattutto, imboccando il percorso delle passerelle, alle quali far partecipare i vertici romani del proprio partito, molti dei quali nulla sanno dei problemi dell’Irpinia, e non ci torneranno prima della prossima scadenza politica.

Proprio la nostra provincia, con le sue diverse sfaccettature e le sue tante istanze alle quali rispondere, è stata la grande assente di una campagna elettorale piatta e gridata proprio a causa di chi ha deluso, di nuovo, le aspettative. Il più delle volte senza avere nulla di concreto da dire sui grandi temi che l’attraversano e sulle questioni importanti che meriterebbero l’attenzione della politica vera, quella fatta di impegno civico e ricerca delle soluzioni. Un’Irpinia che non ha conquistato neanche stavolta la ribalta nei dibattiti. E i riflettori accesi da parte degli amministratori.

Nulla di tutto ciò è stato fatto. Anzi, quando a prevalere su tutto è stata la legge Severino e l’imbarazzo della presenza dei cosiddetti “impresentabili” nelle liste di alcuni schieramenti, i candidati e i loro testimonial provenienti dal Parlamento o da Palazzo Chigi hanno mostrato il loro lato peggiore. La notizia buona è che la propaganda, almeno quella pubblica, è finita consegnando ai cittadini la buona volontà espressa da qualche esordiente della competizione. Quella cattiva è che se non si cambia passo, da Destra a Sinistra, il rischio di trovarci ancora di fronte alle solite promesse elettorali, sempre e comunque disattese, è molto, molto, elevato.

In ogni caso a misurare più di ogni altro sondaggio, che pure si sono rincorsi nelle prime due settimane, o della sensazione avuta dagli addetti ai lavori, il gradimento di questa campagna elettorale e degli argomenti esplicitati dai vari candidati sarà l'affluenza alle urne. Il rischio di dover registrare una percentuale bassa di votanti è dietro l'angolo. Se così sarà, alla classe dirigente provinciale, regionale e nazionale non basterà interrogarsi sulle cause. Quanti ne fanno parte a pieno titolo farebbero bene a fare un passo indietro...

Alessandro Calabrese