Avellino

(f.f.) - Un salto temporale gestito con un solo piano sequenza, i personaggi che sgusciano dalla scena mossi come fossero birilli, il trucco esasperato come nella migliore tradizione horror, la fotografia curatissima e le coperture sonore che uno si aspetta da una produzione seria: “Hotblade” è tutto quello che Gigio Borriello riesce a fare quando la sua genialità non è costretta a contare i soldi.

La webserie, come ci impone di chiamarla il regista, è rapida, con dialoghi all'osso. Un noir stile nipponico, dove se c'è un omicidio deve esserci teatralità, sangue e violenza. A differenza dello scanzonato ma divertentissimo Skizz, il microfumetto urbano, opera prima di un Gigio Borriello che si cimentava con uno dei suoi più invidiabili talenti: il disegno.

Borriello fa squadra e ha un orizzonte ben preciso: l'incoffessato amore per la sua città, sempre presente nelle sue storie, si sviluppa anche attraverso il drone immaginifico di Luca De Ciuceis, un poeta delle riprese dall'alto.

“Hotblade” è l'Avellino che non si arrende al ruolo di realtà condannata al provincialismo: produzione e post produzione della web serie sono esportabili in qualsiasi contesto.

Di cosa siano Anna Montella e gli altri attori, Alfonso Perugini, Massimo Borriello, Maurizio Picariello, Daria Ciccarone (versione bambina di Hotblade), bisogna farsene un'opinione personale: dare giudizi è sempre troppo facile.

Un ruolo a Gianluca Festa (maldestro neomelodico), che telefona al governatore De Luca (superboss prestato alla politica), darebbe quel tocco speciale. Magari con Rosetta D'Amelio che fa la regina gelosa di Hotblade.

Ma sarebbero le comiche che vediamo tutti i giorni: la fiction è una cosa seria.