Un Mondiale da dimenticare. Una 50 km di pura sofferenza. Temperature alte. Luci artificiali. Anomalie non da poco per un marciatore come Teo Caporaso. Il sannita non è riuscito a terminare la sua gara. Ha alzato bandiera bianca poco dopo il trentesimo km. Una vera e propria agonia. Si è fermato vicino alle transenne dove c’era la sua Angela, pronta a consolarlo dopo una crisi devastante.
Il viaggio di Doha non resterà tra i ricordi più belli della carriera dell’ingegnere beneventano. Contrariamente a quanto fatto in passato la sua tattica di gara è cambiata. Era decimo poco prima del trentesimo. Girava sotto i cinque minuti ogni parziale. Sembra potersi regalare un sogno. Perché per un umile marciatore di provincia, giunto sulla ribalta mondiale solo grazie alla propria tenacia, un piazzamento del genere è l’acuto più bello di una buona carriera. Ma le gambe sono andate in conflitto col cervello.
La voglia di Teo non è stata supportata dal suo fisico che ha cominciato lentamente ad abbandonarlo, a frenarlo. Un parziale superiore ai sei minuti a km è stata la sentenza definitiva. Anche la tv internazionale ha immortalato il suo stop. La sofferenza sul suo volto. Gli occhi spenti dalla delusione di non aver finito la 50 km del Mondiale dopo un anno e mezzo infernale per colpa di un problema fisico.
A dieci mesi dai giochi di Tokyo sarebbe servita una prestazione convincente. Il morale chiedeva altro rispetto ad un ritiro avvenuto dopo la metà della gara. In passato era in quel frangente che Teo veniva fuori. Questa volta qualcosa è andato storto. Il sogno di un piazzamento nei dieci è stato infranto. Il ritorno a casa sarà la cura ai dolori e ai cattivi pensieri. Riparti Teo. Tokyo non è lontana. La seconda olimpiade sarebbe un marchio indelebile su una carriera da lottatore.