Napoli

Il Senatore di Firenze ha deciso: lascia il Partito Democratico e forma il suo nuovo soggetto politico, la sua nuova “casa” come la chiama. “Italia Viva”, questo il nome scelto per il nuovo contenitore, che Matteo Renzi vorrebbe costruire evitando di mettere insieme troppo ceto politico e troppi fuoriusciti democratici. Strategicamente l’ex segretario vuole assicurarsi solo una pattuglia valida e compatta di parlamentari che gli possa garantire un posto come terza forza ai tavoli delle trattative della maggioranza di governo. 
Una scissione tutta personale, con una motivazione politica confusa, maturata non alla base e non in condivisione ma in maniera individuale. L’unica cosa chiara, per adesso, è che ora quelli della “ditta” che mai avevano digerito Renzi potranno rientrare al Nazzareno attraverso le porte girevoli democratiche e riprendere proprio da dove il “rottamatore” li aveva interrotti. 

Quella di questi giorni è una scissione che dovrebbe generare interrogativi profondi, perché Renzi è stato il segretario del Partito Democratico per ben 5 anni sui 10 di esistenza del Pd, è stato presidente del Consiglio per due anni ed è stato il leader che ha portato il partito al record elettorale del 41%. Una stagione, quella renziana, fatta di picchi, un up and down con vuoti d’aria da montagne russe. Una stagione e una classa dirigente che però si è schiantata sul referendum costituzionale. La sconfitta del 4 dicembre del 2016 lasciava pensare alla fine politica dell’enfant prodige della politica italiana che seguita dalla batosta del 4 marzo 2018, con il Pd che aveva raggiunto un nuovo record di voti, questa volta in negativo, tutti si aspettavano la scomparsa del rottamatore e del suo giglio magico. 

E invece Renzi riemerge, rinasce in pieno stile Fanfani, e ora, dopo essere stato il vero autore del patto con il Movimento 5 Stelle e il vero artefice del Conte bis, ribalta ancora il tavolo con un addio al Pd che annuncia prima su La Repubblica e poi negli studi di Porta a Porta davanti al Vespa nazionale, come se stesse lanciando un nuovo programma televisivo, liberandosi le mani e assicurandosi visibilità popolare e presenza sui tavoli delle decisioni.

A seguirlo per ora sono in pochi, soprattuto in Campania e soprattutto a Napoli. 

Gennaro Migliore, deputato napoletano di origine rifondaiola e folgorato sulla via del renzismo, ha subito espresso su twitter la sua disponibilità cinguettando che “Per costruire una nuova strada ci vuole coraggio e visione. Oggi possiamo provarci ancora, forti delle nostre idee e aperti al mondo. Come sempre”.
Invece Ciro Buonajuto, sindaco di Ercolano e uomo vicinissimo a Maria Elena Boschi ha invece deciso di restare nel Pd forse anche in vista delle prossime amministrative locali che si terranno l’anno prossimo nelle quali tenterà la riconferma alla guida della sua comunità.Con Renzi fuoriescono senza colpo ferire i renziani partenopei della prima ora come Tommaso Ederoclide e Luciano Crolla.
Ma il potente capogruppo del Pd in Consiglio Regionale Mario Casillo, il campione di preferenze alle elezioni regionali del 2015, l’uomo che ha rappresentato la corrente di Luca Lotti a Napoli negli ultimi anni, resta ben saldo nel partito zingarettiano, pronto a tessere nuove relazioni e nuovi equilibri. 
Non seguirà Renzi nel nuovo progetto neanche Lello Topo ex consigliere regionale e ora deputato, convinto sostenitore di Renzi in quota Guerini al quale ha giurato fedeltà. 
Anche Paolo Siani, il fratello di Giancarlo, giornalista ucciso dalla camorra a Napoli, che fu voluto capolista alle ultime elezioni nazionali proprio da Renzi, ha deciso di rimanere in parlamento con il Pd. 
Piero De Luca, in accordo con il padre Vincenzo, ha sciolto le riserve oggi assicurando la sua fedeltà al Partito Democratico anche in ragione del suo strettissimo rapporto con Luca Lotti
Anche Valeria Valente, senatrice e candidata nel 2016 a Sindaco di Napoli, dopo le primarie nelle quali Renzi scelse di eliminare Bassolino, dovrebbe rimanere nel Partito Democratico e non seguire Matteo Renzi. 
Gli eurodeputati intanto non sembrano affatto interessati a decidere ora la loro collocazione e Matteo Renzi non vuole certo tirarli per la giacca anche perché sono momenti di nomine. Pina Picierno, ad esempio, scrive su Facebook di essere “contentissima di annunciarvi che sono stata nominata vice presidente della delegazione dei parlamentari del Partito Democratico al Parlamento europeo. Avrò anche la delega alla tesoreria. Un incarico molto prestigioso che cercherò di svolgere al meglio. Ringrazio il capo delegazione Brando Benifei per la fiducia accordatami. E adesso al lavoro”.

Naturalmente festeggiano e si sentono finalmente liberi tutti coloro che in questi anni, anche a Napoli, hanno vissuto Renzi e la sua classe dirigente sia nazionale che locale come un problema ed un ostacolo a partire da tutto il mondo che si ritrova attorno a Marco Sarracino, giovane dirigente di fede orlandiana, oggi zingarettiano di ferro che sogna di diventare il prossimo segretario metropolitano del Partito Democratico di Napoli.

Comunque si facciano i conti si capisce che Matteo Renzi ha scelto una strada che potrebbe rivelarsi incerta e pericolosa. Ma sicuramente ha lanciato un segnale sin da subito. “Italia Viva” nasce come un tentativo di ridare al leader la freschezza dell’inizio e la sua forza antipalazzo. Dunque poco ceto politico soprattutto in quei territori dove negli anni quel ceto politico ha rappresentato più un problema che una risorsa.