Cerreto Sannita

"Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo".  Così don Mimmo Battaglia, vescovo della Diocesi di Cerreto Sannita, Telese e Sant'Agata de' Goti che ha scelto le parole di Malala, premio Nobel per la Pace, per rivolgere il suo messaggio di auguri a studenti e insegnanti per il nuovo anno scolastico: "Vorrei che nei miei auguri possiate sentire la cura e il sostegno, il mio esservi accanto e camminare con voi lungo la stessa strada. Credo che l’unico modo per poter cambiare realmente il mondo sia riscoprire il senso del noi; sia che siamo seduti tra i banchi, sia che siamo dietro ad una cattedra, siamo tutti viandanti lungo la stessa via, ogni passo concorre alla costruzione del cammino e camminando si apre il cammino. La scuola - scrive don Mimmo Battaglia - oggi vive un tempo di profonda difficoltà; oserei quasi dire che c’è una crisi di identità e sono fermamente convinto che soltanto insieme si possa ritrovare il senso di quei nove mesi all’anno vissuti tra un banco, un libro ed un racconto di vita. Non sei solo, sei parte di un noi. La cura, l’educazione, l’istruzione, la crescita, non sono processi solitari ma si realizzano all’interno di una comunità, dove ognuno può ritrovare sé stesso nell’altro. Mi rivolgo innanzitutto a te, caro Francesco. A te, che a volte senti la tua volontà vacillare e le tue forze mancare. A te, che spesso trovi complicato metterti nei panni dei più giovani; che li guardi come se fossero strani esseri, troppo piccoli per essere chiamati adulti, troppo grandi per essere definiti bambini; li osservi da dietro alla tua cattedra senza capire che lingua parlano, chiedendoti cosa pensano di te, cosa si aspettano, come ti vedono. A te, che quando torni a casa ti interroghi sulla giornata e ti senti solo a scalare la montagna educativa. Proprio a te, vorrei dire che non sei solo, che in realtà i bisogni che vivono i ragazzi che ti ritrovi davanti sono gli stessi che hai vissuto tu alla loro età ma in un tempo diverso. Vedi, spesso, non capiamo i nostri ragazzi perché non capiamo noi stessi; ci aspettiamo che siano persone responsabili ma non facciamo nulla affinché possano esserlo davvero; vogliamo che non siano superficiali e noi siamo i primi a fermarci all’immagine e all’apparenza; chiediamo che agiscano secondo certi valori e nel nostro fare non mostriamo altro che i nostri tentativi di restare a galla nel caos.

Per percorrere al meglio il cammino educativo che ci aspetta abbiamo bisogno di guardare la realtà senza filtri, di riscoprire il valore di potersi incontrare, guardare negli occhi, cercare e toccare. Perché guardare la realtà senza sconti è un prezioso insegnamento per tutti noi; ci dice che l’unica strada possibile è quella dell’autenticità, di avere coraggio di essere profondamente noi stessi, di comunicare le nostre paure e i nostri sogni, di raccontarci come il fragile e ferito compagno di strada, che nel viaggio comune mette a disposizione la propria esperienza e il proprio studio, la propria umanità e i propri errori…la propria passione. Lasciati travolgere dalla tua passione, quella per l’altro, quella per lo studio, quella per la vita. Insegna la passione della poesia e della storia, le meraviglie della scienza, la necessità della matematica, le possibilità delle lingue, ritrova l’essenza di te stesso, di quando hai scelto la strada che ti ha fatto diventare chi sei e raccontala, è una gran bella storia, è la tua storia. È unica e irripetibile. E quando la fatica sarà troppa non vergognarti di chiedere aiuto, di essere un “noi”. Che i collegi diventino comunità di resistenza e non luoghi di conflitto tra istanze individuali. 

E mi rivolgo a te, cara Letizia. A te, che fai fatica a comprendere questi adulti, che spesso li vedi come “giudici” ed “avversari”. A te, che non ti senti capita da loro, che li vedi lontani dal tuo mondo e dalla tua vita, che li senti fare lunghi discorsi sui giovani e non ti ritrovi in nessuno di essi. A te, che vorresti maggiore coerenza e credibilità da loro, che vorresti un porto sicuro ma non riesci ad ancorarti a ciò che dicono e vivono. A te, che ogni giorno fai i conti con i tuoi limiti, le tue insicurezze, la tua paura di non farcela, il tuo non sentirti mai all’altezza; che ti senti sempre sotto esame per come ti vesti, per come rispondi all’interrogazione, per come ti relazioni all’interno del tuo gruppo di amici. A te, che senti rimbombarti dentro quotidianamente mille domande e che vivi nel bisogno di sentirti riconosciuta. A te, dico di non avere mai paura di essere quello che sei. Sii te stessa, sempre. Impara ad accogliere i tuoi limiti e, nei tuoi, quelli di chi ti è accanto. Non sentirti in una gara in cui vince chi corre più veloce, ma lungo un sentiero in cui conta chi sogna di più, chi custodisce nel cuore la consapevolezza di poter inciampare e la certezza di trovare sempre una mano che ti aiuta a rialzarti per riprendere il cammino. Soprattutto, non sognare mai da sola, sogna insieme; insieme ai tuoi amici ma anche insieme ai tuoi insegnanti perché è soltanto insieme che potete restituire il giusto sapore alla vita scolastica. Che la scuola sia comunità". 

Ed ancora, rivolgendosi a studenti e insegnanti il vescovo sottolinea: "I passi di uno studente e quelli di un insegnante anche se partono da percorsi ed esperienze differenti, possano ritrovarsi a percorrere la stessa strada, a muoversi verso la stessa direzione. È importante non sentirsi mai arrivati e sapere che ogni punto di arrivo è un nuovo punto di partenza. In fondo, giovani o adulti, abbiamo tutti bisogno di scoprirci uomini e donne sognati e sognanti, protagonisti di storie, emozioni, luoghi in cui il nostro essere così come siamo può fare la differenza. La scuola può diventare tutto questo ed è il mio augurio".