Frasso Telesino

E' stato fissato per il prossimo 17 ottobre, nelle forme del giudizio immediato disposto dal gip Giuliana Giuliano su richiesta del sostituto procuratore Francesco Sansobrino, il processo dinanzi alla Corte di assise – a meno che le difese non scelgano un rito alternativo – a carico di Giuseppe Massaro (avvocati Angelo Leone e Mario Palmieri), 56 anni, di Sant'Agata dei Goti, e Generoso Nasta (avvocati Orlando Sgambati e Claudio Sgambato), 31 anni, di San Felice a Cancello.

Si tratta delle due persone arrestate il 28 dicembre dello scorso anno dai carabinieri,  che avevano eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere adottata dal gip Flavio Cusani nell'inchiesta sull'omicidio di Giuseppe Matarazzo, il 45enne pastore di Frasso Telesino ammazzato a colpi di pistola il 19 luglio del 2018 dinanzi alla sua abitazione alla contrada Selva.

Massaro è accusato di aver fornito la Croma, guidata da Nasta, adoperata per portare a termine la missione di morte, e la 357 magnum, che gli era stata ritirata per una discrasia del numero di matricola, dalla quale – aveva accertato una consulenza balistica – erano stati esplosi almeno cinque colpi contro la vittima.

Un delitto al centro di un'attività investigativa che non ha ancora definito le identità di colui che ha fatto fuoco e del mandante di un'azione criminosa “su commissione – aveva spiegato il Procuratore Aldo Policastro – con un unico movente: la vendetta”. Un riferimento evidente al sospetto, da sempre nutrito, ma che allo stato resta tale, di un omicidio ordinato nell'ambito della famiglia della 15enne che il 6 gennaio del 2008 si era tolta la vita impiccandosi ad un albero.

Matarazzo- i suoi familiari sono assistiti dagli avvocati Antonio Leone e Tullio Tartaglia- era stato condannato per abusi sessuali ai suoi danni- , ed un mese prima di essere ucciso aveva terminato di scontare una condanna a 11 anni e 6 mesi. L'inchiesta è stata anche scandita da un incidente probatorio che si è tenuto dinanzi al gip Flavio Cusani nell' ottobre 2018, dopo la richiesta dell'avvocato Raimondo Salvione, difensore del papà della 15enne, all'epoca unico indagato. Un appuntamento nel corso del quale il professore Ciro Di Nunzio aveva ricevuto l'incarico di eseguire gli esami biologici su due cicche di sigarette, un sassolino ed un rametto, sui quali potrebbero essersi tracce di sostanze ematica e di saliva.