Mons. Michele Caputi (1808-1862) Vescovo di Nardo’ e successivamente di Ariano, viene riletto e valorizzato con una lettura critica attenta e documentaria, alla luce del convegno promosso dall’Università di Lecce.
Per i tipi dell’Editore Congedo-Galatina esce una brillante e significativa pubblicazione degli atti del IV convegno : ““Michele Maria Caputi (1808-1862) - Un vescovo per l’Unità d’Italia” - che contiene gli atti di un convegno del 2011, tenuto a Nardò nell’ambito delle celebrazioni per il 150” anniversario dell'Unità d’Italia e organizzato dalla Sezione di Nardò della Società di Storia Patria per la Puglia, presieduta da Benedetto Vetere, docente di storia medioevale dell’Università del Salento.
L’opera che merita ampia divulgazione è frutto di una intelligente sinergia tra studiosi ed istituzioni che da tempo stanno portando avanti un processo di revisione dell’immagine distorta dell’ episcopato del vescovo Caputi.
Risulta intrigante il taglio degli atti che getta una verace luce sull’uomo, sul pastore e sugli ideali politici e cristiani del vescovo pugliese.
E’ bene riportare l’indice dell’opera che troverà sicuramente ampio apprezzamento nel mondo ecclesiastico e degli storici.
Benedetto Vetere, Presentazione; Bruno Pellegrino, Discorso di apertura; Antonio Fino, Chiesa meridionale e movimento unitario; Maria Rosaria Tamblé, La famiglia di Michele Caputi tra Sette e Ottocento: vincoli sociali, legami di parentela, scelte politiche; Giuseppe Piccinno o.p., Michele Caputi: «Un vescovo gittato in mezzo alla rivoluzione». Spigolature dagli Archivi dell’Ordine dei Domenicani; Antonio Alterio, L’episcopato ad Ariano Irpino di Michele Maria Caputi; Giancarlo Vallone, Costituzionalismo neoguelfo postunitario; Mario Mennonna, L’episcopato neritino e la comunità dei domenicani; Maria Luisa Tacelli, Michele Maria Caputi e la Santa Sede.
Per Ariano Irpino, che lo ha visto come pastore, ma che per interessi politici dei locali amministratori che lo hanno spesso denigrato e maltrattato, tanto da costringerlo a ritirarsi nella vicina parrocchia di Montelone di Puglia, ricordo l’interessamento del Vescovo Michele Caputi per salvare la città di Ariano da un sicuro eccidio delle forze militari piemontesi con la guida del generale Cialdini, pronto a mettere a ferro e fuoco.
Il Vescovo offrì la sua persona e le opportune garanzie, ed i buoni uffici presso il Dittatore Garibaldi perché si potesse salvare la città, di cui non ha mai dimenticato di essere suo Pastore della città e Diocesi.
Si esprimono i complimenti al curatore dell’opera, all’Università di Lecce e alla casa editrice per la cura din una dignitosa ed originale veste tipografica.
Il libro dedicato al vescovo Caputi si può considerare diviso in due parti. La prima contiene i saggi di Antonio Fino (che mette in luce l’arretratezza della Chiesa meridionale e la difficoltà di comprendere il programma unitario), di Maria Rosaria Tamblè (che fa la storia della famiglia Caputi, specialmente per parte di madre originaria di Copertino della nobile famiglia Lezzi, con una forte tradizione ecclesiastica), di Giuseppe Piccino (che si sofferma sulla formazione del Caputi decisamente avveniristica per i suoi tempi), di Giancarlo Vallone (che delinea il quadro giuridico istituzionale entro cui si muovono i personaggi), di Mario Mennonna (che studia la presenza dei Domenicani nel Salento), e della Tacelli (che presentando un ricca appendice di documenti affronta il problema dei rapporti con il vescovo di Napoli Riario Sforza e il durissimo conflitto con la Santa Sede).
La seconda parte del libro è costituita dal corposo contributo di Antonio Alterio, che si è assunto il compito di difendere la figura del Vescovo, in una specie di nuovo processo a suo carico, mostrando come in realtà quasi tutto quello che si disse di lui sia stata una montatura, proprio perchè egli si era posto all’avanguardia nell’accettare il nuovo regime, osteggiato da tutti i vescovi d’Italia. Alterio smonta le accuse una per una, specialmente la “favola” dell’avvelenamento del re durante la sua sosta ad Ariano, in viaggio verso la Puglia per accogliere la sposa di suo figlio Francesco II: basterebbe dire che tutti gli invitati e la famiglia reale mangiarono gli stessi cibi e nessuno, se non il re da solo, ne rimase vittima. Lo stesso dicasi per la “cacciata” da Ariano, organizzata chiaramente dai suoi avversari. La figura del vescovo di Nardò viene così riabilitata. Ai tempi, ebbe solo il riconoscimento morale dei principali uomini politici di quegli anni, da Cavour a Ricasoli, da Mancini a Rattazzi.
Redazione