Caserta

 Sant’Arpino, Lusciano, Carinaro, Gricignano d’Aversa, Teverola, Arienzo, San Felice a Cancello e S. Maria a Vico: un piano di intervento vasto e incisivo per capire lo stato dell’arte del tessuto di piccole imprese che caratterizzano quei territori.

I risultati ottenuti hanno confermato purtroppo una forte tendenza all’illegalità d’impresa, con particolare riguardo all’utilizzo di manodopera irregolare, alla mancata attuazione della normativa per la sicurezza dei luoghi di lavoro e alla sistematica elusione delle norme a tutela dell’ambiente.

Nei 116 laboratori ispezionati dalle Fiamme Gialle sono stati trovati all’opera 1.048 operai (con una media di circa 9 lavoratori ad impresa), di cui ben 300 irregolari e, per la gran parte, completamente in nero, con un’incidenza della manodopera irregolare che sfiora il 30% della forza lavoro complessiva. Alla luce della numerosità dei lavoratori irregolari per oltre 40 aziende è stata proposta la sospensione delle attività.

Anche sotto il profilo del rispetto della normativa a tutela dell’ambiente i risultati non sono stati meno significativi, atteso che 16 laboratori (oltre il 13% del totale di quelli controllati) sono stati sequestrati per la mancanza di autorizzazione ambientale e per il mancato tracciamento dei rifiuti e degli scarti industriali, mentre ad altri 15 sono state comminate sanzioni amministrative, sempre per violazioni al T.U.A..

In alcuni casi, poi, i militari si sono trovati di fronte a laboratori allestiti in locali del tutto inidonei, ricavati in garage o nei seminterrati di fabbricati, quasi sempre protetti da occhi indiscreti con una serie di accorgimenti finalizzati ad evitare controlli a sorpresa.

Così come nel caso dell’unità operativa di un’impresa conto terzista di un noto marchio di abbigliamento, dove i militari della Compagnia di Aversa hanno individuato un deposito adibito a laboratorio occulto sottostante il punto vendita e munito di porte blindate e videosorveglianza, al quale si accedeva dai garage e all’interno del quale operavano in condizioni decisamente insalubri 22 lavoratori in nero, alcuni dei quali immigrati clandestini.