Avellino

Le fissazioni dialettiche, quando trovano radici nella phasmofobia, sfociano spesso in paturnie e tradiscono la smania, o peggio, la bramosia di andare a comandare.

È pensiero acheropita far risalire tutto il male che sconta una comunità alle responsabilità di un 91enne, dimenticando le pur gravi responsabilità degli 88enni.

Per non parlare dei saccheggi dei 71enni che si sono estesi anche alle cucine dei centri per gli anziani.

Avellino non ha bisogno di nuovi, lavati con Perlana, a mano o in lavatrice.

Chi ha avuto mani in pasta è figlio di quell'albero a cui tendeva la pargoletta mano. E i frutti, anche quelli malati, non cadono mai lontani dalle proprie radici. 

Avellino ha bisogno di persone in gamba, ragionevolmente oneste, che vanno al Comune sapendo che i programmi (pure quelli belli belli non copiati) diventano realtà conoscendo bandi, norme, finanziamenti possibili.

Chi si propone come sindaco dovrebbe avere una levatura mentale (prima che politica o morale) che lo pone al di sopra dell'odio d'accatto o della battutina detta alle spalle, come fanno i traditori.

Ma quel che più risulta riprovevole, viziata e guasta, è la finta libertà dei giullari a pagamento, che cambiano disco a seconda del piatto dove mangiano: bastano 20mila cucuzze per averli fedeli, tutti i giorni, al cucuzzaro di turno.

Salvo poi dileggiarlo quando le cucuzze finiscono e allora riscoprirsi di nuovo “liberi”.

Poi sotto con un'altra mangiatoia e un set di lingue, lunghe e oliate per il miglior offerente.