I dati rilevati dall'ISTAT a marzo di quest'anno, ci dimostrano che sono aumentati i contratti di lavoro stipulati a tempo indeterminato, rispetto a quelli avuti nell'anno precedente di circa 56 mila, ma senza l'aumento reale dell'occupazione, specialmente giovanile.
Infatti si comunica che non si sono avuti nuovi occupati in modo particolare nelle imprese private, nello stesso periodo e per i primi mesi di questo 2019, pur essendo aumentate le assunzioni a tempo indeterminato. Si stima che i maggiori contratti a tempo indeterminato sono dovuti ad una trasformazione contrattuale, fatta per i lavoratori precari assunti a tempo determinato e stabilizzati, per la maggior parte di essi, con un rinnovo contrattuale, anche per una stessa mansione da svolgersi, rispetto a prima.
Bisogna infatti considerare che alcuni di essi, assunti con contratti a termine precedentemente, sono stati invece licenziati, perché dalle rilevazioni ISTAT si evidenzia anche un incremento dei lavoratori disoccupati anche se minore statisticamente, rispetto al numero dei maggiori occupati a tempo indeterminato.
Infatti i dati dell'Osservatorio dell'Inps, per quest'anno, confermano anche che ci siano state delle maggiori domande fatte dagli interessati, per ricevere l'indennità di disoccupazione. Le maggiori domande avute, rispetto all'anno precedente, si possono giustificare con i nuovi licenziamenti avuti nei primi mesi di quest'anno, con un mancato rinnovo dei contratti a termine e con la richiesta di nuovi requisiti professionali e formativi, rispetto a quelli precedenti, per alcuni stessi lavoratori dipendenti del settore privato.
I dati illustrati servono per capire come il Decreto dignità del governo italiano, abbia avuto effetti positivi anche nei primi mesi di quest'anno, ma solamente per favorire un'occupazione stabile dei lavoratori già occupati e senza aver avuto la sua efficacia positiva, per far crescere l'occupazione con dei nuovi dipendenti assunti a tempo indeterminato.
Si dimostra, in effetti, che l'occupazione non è aumentata e che risulta esserci in Italia una disoccupazione ancora un po’ elevata, in particolare per le donne e i giovani.
Inoltre questi dati dimostrano che le maggiori assunzioni a tempo indeterminato con contratti stabili per i lavoratori, sono dovute ad una stretta per l'imposizione di nuovi limiti rigidi introdotti sui contratti a tempo determinato, con il Decreto dignità del governo nazionale, e agli incentivi fiscali con una riduzione anche del costo del lavoro già decisi nel 2018, per favorire le assunzioni stabili.
L'Osservatorio dell'Inps ha dunque rilevato delle informazioni statistiche anche sull'occupazione e sul precariato, che dimostrano come per i primi mesi di quest'anno ci sia stato un aumento stimato dell'82%, rispetto anche allo stesso periodo dell'anno precedente, dei contratti a tempo indeterminato con assunzioni stabili.
È stato accertato anche un altro dato positivo che consiste in una variazione netta positiva del mercato del lavoro, dovuta alla differenza tra le maggiori e nuove assunzioni stabili, anche per trasformazioni di contratti da tempo determinato a indeterminato e i licenziamenti dei dipendenti, nello stesso periodo.
Si sono stimati 208.560 nuovi contratti a tempo indeterminato stipulati nei primi mesi di quest'anno, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Inoltre, secondo i dati dell'Osservatorio dell'Inps, sono effettivamente diminuiti i licenziamenti e i contratti a tempo determinato e di somministrazione, nei primi due mesi del 2019, in confronto con lo stesso periodo del 2018 e in rapporto all'intero anno precedente.
I contratti a tempo determinato sono diminuiti, per i rinnovi che si sono avuti, con le trasformazioni contrattuali dei rapporti di lavoro, mentre invece sono aumentati i contratti ad intermittenza e cioè i contratti che prevedono un lavoro a chiamata, che può essere svolto solo quando serve, su richiesta del proprio datore di lavoro.
Vi sono anche altri dati statisticamente significativi, pubblicati comunque in rete sulla variazione dell'occupazione e sulle assunzioni stabili, rilevate dal 2008 al 2018. Essi ci comunicano che sono cresciuti gli occupati rispetto al 2008 e quindi al livello occupazionale pre-crisi e sono più lavoratori dipendenti a tempo determinato e precari, tra i quali anche gli immigrati stranieri venuti in Italia per trovare un lavoro.
I maggiori occupati sono stati, per la maggiori parte, proprio gli stranieri che hanno accettato di svolgere dei lavori poco pagati da dipendenti, in determinati settori produttivi dell'economia nazionale e con una bassa qualifica professionale e dell'istruzione richiesta.
Essi hanno accettato di poter svolgere dei lavori anche da persone sfruttate, con una bassa retribuzione, che gli italiani specialmente qualificati non hanno voluto fare.
Si dimostra chiaramente negli anni della crisi economica e finanziaria fino ai primi tre trimestri del 2018, che l'occupazione realmente non è proprio cresciuta e di conseguenza neanche il PIL, considerando che non ci sono stati più dipendenti occupati, a tempo indeterminato e con delle maggiori ore lavorate complessivamente.
Gli stessi dati disponibili statisticamente stanno a significare che a crescere nei dieci anni della crisi, sono stati i lavori degli immigrati e quelli precari e a tempo determinato, anche con determinate tipologie contrattuali flessibili, mentre risultano diminuiti i posti di lavoro a tempo indeterminato e con assunzioni anche di persone qualificate.
Essi dimostrano anche che un numero crescente di persone specialmente giovani e con un buon livello d'istruzione e di qualifica professionale dal 2008 al 2018, si sono trasferiti all'estero oppure in un'altra nazione europea, senza rimanere in Italia a causa dell'impossibilità di riuscire a trovare un lavoro adeguato alle proprie competenze professionali e alla propria formazione.
Considerando i dati pubblicati e rilevati anche dal Ministero delle Politiche sociali e del lavoro, dall'Inps, dall'Inail, Anpal, si capisce come si è avuta una leggera diminuzione del PIL, accertata per il quarto trimestre del 2018, rispetto ai trimestri precedenti dell'0,1% per lo stesso anno, a dimostrazione del fatto che è scesa anche l'occupazione dei dipendenti nel settore delle Industrie e dei servizi. La minore occupazione specialmente stabile, ha causato una riduzione della produzione nazionale di beni e servizi.
Si evidenzia con tali dati significativi, un tasso di occupazione generale rimasto invariato a circa il 58% a livello nazionale e con un incremento solo dei lavori a termine anche da dipendenti donne e non necessariamente anche per gli uomini.
Inoltre essi dimostrano anche che nell'ultimo trimestre del 2018, sono aumentati gli infortuni mortali e professionali, rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente all'Inail e così anche le malattie professionali trattate per lo stesso periodo di riferimento, comunque denunciati all'Inail.
Un confronto con l'Europa sulle ore lavorative
Uno studio realizzato da Shopalike fatto su 31 diversi stati europei per conoscere le ore lavorate e i giorni di ferie lavorative e di festività godute nelle diverse nazioni europee e anche in Italia, dimostra come tra una nazione europea e l'altra ci possono essere delle differenze reali e significative sull'orario di lavoro settimanale stabilito per legge e sulle ore lavorate durante l'anno. Esso è stato fatto per conoscere in quale nazione europea si lavora di più e quella in cui i lavoratori specialmente dipendenti, si fanno più giorni di ferie e di assenza anche per festività nazionali diverse.
Lo studio ha dimostrato con dei dati utili, che si lavora di più in Grecia con ben 44 ore e 17 minuti e di meno in Danimarca, con 38 ore 52 minuti settimanalmente.
Risulta dallo stesso studio che in Italia siamo a metà fra questi due paesi, con 234 ore effettivamente lavorate durante l'anno, includendo i giorni di assenza per ferie e festività nazionali di ogni lavoratore dipendente, in una classifica limitata con le sole nazioni confinanti che sono Francia, Slovenia, Austria e Svizzera, mentre in confronto con tutti gli altri stati europei, siamo al 17° posto nella classifica generale con 40 ore e 42 minuti di lavoro settimanale (compreso lo straordinario), pur considerando che siano stabilite per legge al massimo 40 ore settimanali di lavoro in Italia.