Montesarchio

L'ha chiesto il sostituto procuratore Assunta Tillo, l'ha fissato il gip Gelsomina Palmieri, dinanzi alla Corte di assise, per il 16 luglio. Quando si aprirà, se nel frattempo le difese non faranno ricorso a riti alternativi, il giudizio immediato a carico delle quattro persone chiamate in causa, a vario titolo, nell'indagine dei carabinieri sull'omicidio di Valentino Improta, 26 anni, di Montesarchio, ucciso con due fucilate e rinvenuto carbonizzato, il 4 maggio 2018, in una Fiat Punto, intestata alla madre, ferma alla località Cepino di Tocco Caudio, nelle vicinanze di un'area pic-nic sul monte Taburno.

Un delitto per il quale lo scorso 27 febbraio sono state arrestate due persone già detenute per rapina: Paolo Spitaletta (avvocati Antonio Leone ed Enza Falco), 50 anni, di Tocco Caudio, e Pierluigi Rotondi (avvocato Elena Cosina), un 31enne originario di Tocco ma domiciliato a Tufara. Entrambe erano state colpite da una ordinanza di custodia cautelare nella quale era anche stato disposto l'obbligo di dimora e di firma, rispettivamente, per Eugenio Perone (avvocato Vittorio Fucci), 48 anni, di Bonea, e Sandro Cerulo (avvocato Elvira Pancari), 36 anni, di Cautano, chiamati in causa per favoreggiamento. Misura poi 'cassata' dal Riesame per Cerulo e attenuata per Perone.

Come più volte ricordato, a scatenare l'omicidio sarebbe stata, secondo gli inquirenti, la paura che Improta avrebbe generato in Spitaletta. Il 26enne era agitato perchè aveva ricevuto un avviso di garanzia nell'inchiesta sulla rapina compiuta il 10 aprile 2018 in un'abitazione a Montesarchio, cui era seguita, dopo due settimane, la morte di un 83enne che con la sorella era rimasto vittima del colpo. Improta, ritenuto uno degli autori del raid, avrebbe minacciato Spitaletta, che il 22 maggio sarebbe finito in carcere per quella rapina, di chiamarlo in correità se, nel caso in cui fosse stato arrestato, non avesse ricevuto assistenza economica per sé e la sua famiglia, anche per sostenere le spese legali per la propria difesa.

Parole che avrebbero indotto Spitaletta, nel timore che Improta potesse collaborare con la giustizia per alleggerire la sua posizione, ad organizzare, in concorso con Rotondi, l'omicidio del giovane. Facendo credere al 26enne di aver ideato un furto di rame sul Taburno, l'avrebbero attirato in trappola.

La ricostruzione dei fatti parte intorno alle 22 del 2 maggio 2018, quando Improta avrebbe raggiunto i due indagati, che erano a bordo di una Mercedes, al volante della Punto della madre, nei pressi del ristorante il Querceto di Tocco Caudio, dove si erano dati appuntamento. Una volta alla località Le Martine di Tocco Caudio, i tre si sarebbero divisi: Rotondi sarebbe rimasto lì, in macchina, mentre Spitaletta sarebbe salito nella Punto di Improta, contro il quale, una voltaalla località Cepino, avrebbe fatto fuoco due volte con un fucile a canne mozze calibro 12.

Due colpi all'altezza della nuca, “esplosi da distanza ravvicinata, da destra verso sinistra”. Poi il fuoco appiccato alla macchina, ed al cadavere di Improta che era all'interno, “con l'utilizzo di un accelerante” che aveva portato la “temperatura a raggiungere il picco di 800 gradi”. A quel punto, Spitaletta avrebbe percorso a piedi, per circa 30 minuti, un sentiero che l'aveva condotto nella zona in cui c'era ad aspettarlo Rotondi, con il quale si era infine dato alla fuga.

I familiari della vittima – genitori e tre sorelle- sono rappresentati dagli avvocati Federico Paolucci ed Ettore Marcarelli, mentre le due compagne dell'uomo sono assistite dall'avvocato Vincenzo Sguera.