Napoli

La piccola Noemi si è svegliata. Il killer di Piazza Nazionale e il suo complice sono stati arrestati. La città e il Paese riprendono aria. A Napoli si ricomincia a respirare e il sole che in questi giorni era scomparso, è tornato a farsi vedere facendo respirare le prime boccate di primavera. 

Sono stati giorni di tensione, di commozione, di sofferenza, di rabbia, anzi di “raggia”. La “raggia” è un temine napoletano che indica qualcosa di più profondo e forte della semplice rabbia, un sentimento così potente che non può limitarsi ad un individuo ma diventa un sentire collettivo. Questo era il clima che si respirava nelle strade della città in questa lunga settimana. Una settimana nella quale Napoli si è trovata a fare da palcoscenico di una tragedia violenta e spietata e contemporaneamente di una campagna elettorale che non ha risparmiato lo sfruttamento e la spettacolarizzazione del dolore e la sofferenza di una città piegata dalla violenza. 

Lo Stato, nel suo volto repressivo, con gli arresti di stamattina ha dimostrato di esserci. Certo con i suoi tempi, è vero, ma ha dovuto rompere i silenzi e le paure che troppo spesso paralizzano i nostri quartieri. 

Napoli in questi giorni ha però dimostrato, con un moto di orgoglio e dignità, di non essere solo quella della violenza. Ha messo in piazza con spontaneità i suoi paradossi storici e mentre le istituzioni facevano rumore e cercavano il clamore il popolo napoletano si stringeva attorno alla piccola Noemi che è diventata la rappresentazione plastica di una Napoli incapace di assicurare un presente ai suoi bambini.  

Nella città di Partenope ci sono bambini che sparano e bambini che vengono feriti, ci sono bambini che assistono alla guerra e bambini che vi partecipano, ci sono genitori spaventati e figli ormai abituati agli spari, all’illegalità, alla violenza.

Noemi ha rappresentato in questa settimana un simbolo di una città in rovina che spera e lotta per rialzarsi. Una città costretta a dover dimostrare per l’ennesima volta di non essere il male assoluto, di non essere solo feccia. Una città schiacciata tra le parole degli opinionisti violenti che provano a lucrare un po’ di visibilità sulla pelle napoletani e le parole retoriche di quelle istituzioni che avrebbero il compito di prevenire. Da oggi inizia la fase più difficile per la città, quella di essere capace di non tornare alla sua indolenza, alla sua indifferenza, alla sua normalità. Il ricordo di questa settimana deve aprire gli occhi e dare il coraggio a tutti i napoletani quelli che sono scesi in piazza e quelli che sono rimasti ben chiusi in casa, di non smettere di lottare, non non far vincere la rassegnazione. 

Dal Santobono, da quelle fiaccole, da quegli striscioni, da quei palloncini, deve ricominciare a prendere vita e forma una città che non si arrende, che non si gira dall’altra parte davanti alla violenza e alla prepotenza. Una città capace di denunciare l’assenza e vuoti dello Stato in tutte le sue articolazioni, nessuno si senta escluso. Una Napoli capace di non farsi ingabbiare né nelle narrazioni di bellezza e rinascita, né tantomeno in quelle infernali. 

La “raggia” di questa settimana non può e non deve spegnersi nell’ennesimo silenzio, deve vibrare nei vicoli, invadere le piazze e ridare speranza a chi invece non ne ha.