Casal di Principe

Pasticcerie riconducibili al clan dei Casalesi all’interno delle quali sarebbero avvenuti anche incontri e scambi di pizzini quando il boss Michele Zagaria era latitante. E’ il nuovo filone d’inchiesta avviato dalla Direzione Investigativa Antimafia di Bologna e Napoli, che stamattina ha portato gli agenti della Polizia di Stato di Caserta ad eseguire un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per Pasquale Fontana e Giuseppe Santoro, titolari di noti punti vendita nel settore dolciario, denominati “Butterfly”, con locali siti su tutto il territorio campano, con l’accusa di associazione per delinquere di tipo mafioso e di intestazione fittizia di beni, aggravata dal metodo mafioso.

L’attività d’indagine ha permesso di svelare la partecipazione attiva del “clan dei Casalesi”, e in particolare della fazione Zagaria, in importanti settori dell'imprenditoria, e in particolare, nella collocazione sul territorio nazionale di pasticcerie, rivelando sia il tentativo di infiltrazione nel tessuto economico-sociale dell’Emilia Romagna da parte di imprese nate e operanti in territorio campano, sia l’intestazione fittizia delle stesse a persone ritenute vicine al clan. Secondo i magistrati, gli indagati avrebbero organizzato  incontri riservati con Michele Zagaria e con altri affiliati al fine di pianificare le attività del clan.  Santoro, oltre ad ospitare Zagaria nella propria abitazione e in quella di suoi familiari, avrebbe messo a disposizione di diversi affiliati la pasticceria “Butterfly” di Casapesenna per la consegna di ‘pizzini’ da destinare al capo clan durante la sua latitanza. Inoltre, l’uomo avrebbe ricevuto un grosso finanziamento da Zagaria, con cui era in società, che gli avrebbe consentito di estendere l’attività commerciale aprendo vari punti vendita sul territorio campano e napoletano, presso i quali venivano, poi, assunti diversi parenti di affiliati al clan per procurargli un lavoro lecito.

Nel mirino della Direzione Distrettuale Antimafia sono finite altre otto persone denunciate per il delitto di intestazione fittizia di beni aggravata dal metodo mafioso, in quanto responsabili di essersi fittiziamente intestati pasticcerie riconducibili, in realtà, al clan. Sequestrati conti correnti, auto e quote societarie.