Salerno

Associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento e sfruttamento dell'immigrazione clandestina, riduzione in schiavitù, tratta di persona con l'aggravante del reato transnazionale: sono le pesanti accuse che hanno portato il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Salerno ad autorizzare la richiesta della Direzione distrettuale antimafia di ben 35 ordinanze cautelari.

Il blitz è scattato all'alba ed ha visto impiegati circa duecento carabinieri, coadiuvati da unità cinofile e con supporto aereo. La vasta operazione ha interessato diverse aree della provincia di Salerno. I particolari dell’operazione saranno stati noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 10.30 presso la Procura della Repubblica di Salerno.

LE INDAGINI

Nella retata della Direzione distrettuale antimafia complessivamente sono 35 le persone indagate: 27 ai domiciliari, mentre per altri 8 è scattato l'obbligo di dimora e presentazione. Di queste, 8 sono ancora latitanti. Oltre due anni di indagini ricostruite dal procuratore Luca Masini e dal pm Rocco Alfano. Un'organizzazione crimunale operante nel salernitano e non solo, con ramificazioni anche in Belgio e Francia. Nel mirino cittadini stranieri di nazionalità marocchina e imprenditori agricoli, quasi tutti della Piana del Sele ritenuti dalla procura collusi con l'organizzazione.

IL "SISTEMA"

La procura salernitana ha ravvisato un salto di qualità nello sfruttamento dell'immigrazione clandestina, sfruttando alcune falle della procedura prevista dal cosiddetto "decreto flussi" che regolamenta l'ingresso sul territorio italiano di lavoratori stranieri. I richiedenti, tutti reclutati in Marocco, potevano accedere alla procedura di rilascio del visto pagano cifre che oscillavano da 5 a 12mila euro. Gli imprenditori agricoli però non completavano la procedura di assunzione, con la normativa che prevede il rilascio del permesso di soggiorno per 12 mesi in attesa di occupazione. Glo stessi lavoratori venivano comunque utilizzate, a nero e sottopagati, nelle stesse aziende agricole salernitane con l'organizzazione criminale che intascava la maggior parte dei soldi.

IL CAPORALATO

Non solo associazione a delinquere e favoreggiamento dell'immigrazione ma anche intermediazione illecita e sfruttamento di lavoratori tra i reati contestati dagli investigatori. A gestire il caporalato lo stesso capo della presunta organizzazione criminale gestita da italiani e marocchini. Per il procuratore vicario Luca Masini quello che si preefigura è un vero e proprio caporalato etnico.

IL GIRO D'AFFARI

Dalle carte raccolte dalla procura è venuto fuori un giro d'affari presunto di oltre 6 milionidi euro nel periodo compreso dal 2012 al 2017. Non essendoci una rete nazionale, alcuni dei lavoratori risultavano aver fatto richiesta simile anche in altri uffici di governo. Nella rete è finito anche un commercialista salernitano.

LA SCHIAVITU'

In almeno un episodio il giudice per le indagini preliminari ha ravvisato il reato di riduzione in schiavitù: raccogliendo la testimonianza di una delle persone impiegate nell'azienda agricola, è venuto fuori un quadro inquietante. "Ci chiudevano a chiave nelle baracche dove vivevamo vicini ai campi - la testimonianza riportata ai magistrati - e ci hanno sequestrato i documenti per non farci allontanare"