Tra i vicoli del Rione Materdei ti aspetti di sentire ancora la voce di Sofia Loren che urla, mentre impasta con malizia le pizze fritte, “Scialate scialate. Venti a v’ piglià a merenn, mangiate oggi e pavate tra otto giorni”. Infatti è proprio nella curva di Salita Porteria San Raffaele a Materdei, rimasta uguale al 1952, che Vittorio De Sica ambientò Pizza a credito, uno degli episodi del film L’Oro di Napoli. Il film fu un successo internazionale, proiettato in quasi tutto il mondo, presentato in concorso al Festival di Cannes nel 1957 e nel 1977 al Toronto International Film Festival ed inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, che comprende le 100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese dal 1942 al 1978.
Il film riuscì con sei episodi a raccontare l’umanità della Napoli più popolare, senza mai cedere al cliché e alla banalità. “Pizze a credito” è sicuramente il più famoso dei sei episodi.
Siamo andati nel Rione Materdei per vedere se riuscivamo a ritrovare i luoghi del film e a capire come si erano trasformati in questi decenni.
Il basso con la scritta “Da Sofia”, davanti al quale Sofia Loren e il marito Rosario vendevano a credito le pizze fritte agli abitanti del vicolo, è ancora lì, immutato, se non fosse che oggi ospita un’enoteca con un portone in ferro che serra l’entrata e un balconcino che è spuntato proprio sopra. Per il resto, il muro in tufo grezzo difronte, l’arco in pietra del portone del palazzo affianco e il resto del panorama circostante, tutto è rimasto uguale. Certo non passano più i calesse, gli abitanti del vicolo oggi hanno provenienze globali e non si sentono le urla della vendita delle pizze a credito anzi, le pizze qui a Materdei oggi si vendono in maniera moderna e professionale. A poche centinaia di metri c’è una delle pizzerie più famose di Napoli, e nell’epoca dei pizzaiuoli patrimonio dell’umanità, le persone sono disposte non solo a pagare ma anche a fare file chilometriche e fuori stazionano i riders delle varie piattaforme digitali di consegna a domicilio.
Nel film Sofia tradiva il marito con un giovane avvenente del quartiere e proprio a causa di un loro incontro era rientra al “basso” senza l’anello che il marito Rosario le aveva regalato per il matrimonio, sacrificando il suo sogno di aprire una pizzeria vera e propria. Quando Rosario si accorge che l’anello non è più al dito di Sofia, si convince che sia caduto nella pasta della pizza. Inizia dunque una ricerca che porta Rosario e Sofia ad attraversare il rione e a entrare nelle case dei clienti. Al seguito dei due coniugi si forma una vera e propria processione che percorre il vicolo di casa in casa per svelare il mistero dell’anello.
Abbiamo percorso la stessa strada e abbiamo ritrovato gli stessi luoghi del film.
Il muro di cinta del palazzo di don Peppino dove don Rosario e Sofia vanno a chiedere dell’anello nonostante sia appena morta la giovane moglie, è ancora lì, intatto e immutato. Ha le stesse erbacce sulla sommità e le stesse scrostature che si vedono nella pellicola. L’unica cosa che è cambiata è un massiccio e robusto cancello automatico posto proprio a chiusura del muro.
Si riesce a vedere anche il balcone dal quale nel film don Peppino prova a lanciarsi in preda alla disperazione. È uguale, anche la ringhiera sembra la stessa, e la sensazione che si prova a guarde questo scorcio è strana perché si resta fermi ad aspettare di vedere don Peppino correre sul terrazzino pronto a farla finita mentre un’intero vicolo accorre in suo soccorso. Il tempo sembra essersi fermato al 1952 se non fosse per i rumori che arrivano da un’officina di motorini proprio piazzata difronte al palazzo e da qualche nuovo negozio che vende tecnologia moderna. Il rumore dell’officina però ci richiama ad osservare il palazzo difronte. Sulla facciata, proprio tra i motorini dell'officina, una finestra che risalta per la forma, è la stessa delle scene iniziali del film e nuovamente ci si ritrova proiettati nella pellicola di De Sica. Nel film infatti quella finestra, che compare nella prima scena, sono in esposizione le scarpe da donna che produce e vende l’amante di Sofia e proprio attraverso quella finestra si entra nell'intimità dei due amanti che si stanno baciando con fretta e foga. Sofia esce trafelata dal palazzo per tornare dal marito al quale ha mentito dicendo di essere andata a messa. Anche questa scena la ritroviamo qui a Materdei e qual palazzo che si mostra bello, arioso e colorato nonostante il bianco e nero della pellicola è ancora qui. Conserva i fregi e la struttura originaria della corta interna ma non ha più attività commerciali all’interno e un cancello anche qui metallico chiude e tiene fuori il vicolo.
In fondo al vicolo c’è la chiesa di Santa Maria della Verità. Anche questa chiesa era finita nel film che mostrava questo piccolo ingresso laterale dal quale uscivano i fedeli dalla messa. Se non fosse per una pensilina di plexiglass e qualche scritta orrenda e sgrammaticata che ne deturpa parte della facciata, il piccolo ingresso con il cancello i ferro è rimasto identico a quello del film. La cupola che sovrasta la chiesa in lontananza e che sembra un corpo estraneo al vicolo, è avvolta da un cantiere di restauro ma conserva la stessa grandenza sproporzionata che si notava nel film.
La magia di percorrere queste strade pensando al film è enorme e i luoghi, nonostante la trasformazione del quartiere e se non fosse per i cancelli di ferro, per i sistemi di sicurezza che sbarrano le entrato, per qualche tentativo di modernizzazione strutturale e per qualche squallido atto vandalico, sono rimasti uguali. Tutto si è salvato in maniera autonoma come se a preservare questo patrimonio ci abbia pensato il vicolo in maniera spontanea, senza seguire alcuna direttiva.
Il quartiere è cosciente di conservare nelle sue strade un pezzo della storia cinematografica italiana e ne è fiero. Basta chiedere nei bar, parlare con i passanti fermarsi a discutere con gli anziani. Tutti sanno indicare con precisione i luoghi de L’Oro di Napoli. Tutti raccontano la storia dell’anello di Sofia che sembra essere diventata una questione reale. Ancora molti si domandano se poi don Rosario abbia davvero creduto alla scusa della moglie che alla fine si salva grazie all’amante e grazie ad un acquazzone che fa scappare tutti gli abitanti del vicolo alle loro faccende.
Nel Rione Materdei si può camminare in un capolavoro del cinema italiano del 1952. Passeggiando per i vicoli non si ritrovano solo i luoghi dove il film è stato girato ma si rivive la storia che raccontava. Sofia, Rosario, don Peppino, il giovane carrettiere innamorato, la guardia notturna, l'amante, sono tutti ancora qui a Materdei per nulla invecchiati e vivono ogni giorno storie di umanità collettiva come quella dell'anello di Sofia.
Alla fine della passeggiata se si torna sui propri passi e ci si ferma per un attimo davanti al numero 3 di Salita Porteria San Raffaele, sembra di sentirlo ancora quell’invito urlato con forza da Sofia Loren: “Scialate scialate. Veniteve a v’ piglia a merenn, mangiate oggi e pavate tra otto giorni. Venit Venit!”.