Dichiarato inammissibile, dalla Cassazione, il ricorso presentato dalla Procura contro la decisione con la quale il 19 luglio dello scorso anno il Riesame aveva annullato l'ordinanza di custodia cautelare, e restituito i destinatari alla libertà, a carico di Giuseppe Maria Maturo (avvocati Antonio Barbieri e Marcello Severino), 53 anni, dal maggio 2014 sindaco di Cusano Mutri, e Remo Di Muzio (avvocati Giuseppe Francesco Massarelli e Patrizia Pastore), 44 anni, geometra libero professionista, che il 28 giugno erano finiti agli arresti domiciliari nell'inchiesta del sostituto procuratore Donatella Palumbo e dei carabinieri del Nucleo investigativo su una presunta tangente chiesta ad un imprenditore edile sui lavori di somma urgenza, già liquidati, per la sistemazione delle sponde del torrente Titerno dopo l'alluvione dell'ottobre 2015.
Il provvedimento restrittivo era stato firmato dal gip Gelsomina Palmieri, che, aveva confermato la misura dopo gli interrogatori di garanzia, nel corso dei quali i due indagati avevano respinto ogni accusa. Maturo, in particolare, aveva escluso qualsiasi forma di pressione o minaccia nei confronti del titolare della ditta, peraltro suo testimone di nozze, affermando di non sapere alcunchè di quei soldi passati dalle mani dell'imprenditore – una scena immortalata in un video - in quelle di Di Muzio. Che, a sua volta, aveva spiegato che i 2mila euro – prima tranche, secondo gli inquirenti, di una presunta mazzetta di 6500- contenuti nella busta erano il corrispettivo di una prestazione professionale fornita alla parte offesa con la collaborazione di un altro geometra, Vincenzo Di Biase, di cui aveva scritto il nome sulla stessa busta.
Nel motivare l'annullamento dell'ordinanza, il Riesame aveva qualificato come induzione indebita, e non concussione, l'ipotesi di reato contestata, evidenziando come l'imprenditore “prospetti, unicamente, il vantaggio discendente dall'ottenere appalti che espressamente chiede al sindaco, per poi scoprirsi “sorpreso” che a fronte di detto vantaggio avrebbe dovuto corrispondere una tangente con le modalità indicate in denuncia. A detta diversa qualificazione giuridica del reato consegue che l'imprenditore riferisce le circostanze non come parte offesa ma come coindagato di Maturo e Di Muzio”. Nel mirino dei giudici l'attendibilità delle dichiarazioni rese dallo stesso imprenditore, “seriamente incrinata”. Dichiarazioni contraddette dalla documentazione prodotta dai difensori, in particolare rispetto all'esistenza di “debito dell'imprenditore nei confronti di Di Muzio e Di Biase”, quest'ultimo indagato a piede libero.