Avellino

La fluidità di cassa, ovvero il maggiore afflusso di denaro contante, sta creando due effetti positivi e un pericoloso rischio presso l'Alto Calore spa.

Districandosi tra tre verità possibili, i vertici della società e i soci stanno giocando con il fuoco partendo dal solito presupposto: è acqua, deve essere pubblica, qualcuno pagherà. In più, ci sono i vari comitati che, sbracciandosi in difesa dei diritti, come per ogni buona intenzione stanno lastricando la strada che porta all'inferno.

Mano ai fatti.

Pozzoli. Verità n°1. L'Alto Calore, nero su bianco, è afflitto da 134 milioni di debiti. Stanno in bilancio. 134 milioni di debiti sono pari a 3,4 volte il fatturato generato. E il fatturato è una marea che porta liquidità ogni giorno, ogni santo giorno. Il 54,9% di questo mare di denaro viene a scadenza, deve essere pagato entro l'ultima settimana di aprile. Di qui, secondo la proposta dello studio Pozzoli, la necessità di reperire i 50 milioni di euro nell'ambito di una ricapitalizzazione da parte dei soci.

Le inchieste giudiziarie avviate per la mancata riscossione di una montagna di crediti (al 31/12/2017 superavano i 69 milioni pari all'80% dell'ammontare complessivo dei crediti v/utenti) hanno convinto l'Alto Calore ad affidarsi ad una società esterna per il recupero: la Crearci.

Di qui i due effetti positivi, la liquidità di cassa: la Crearci ha escusso 17 milioni di crediti da riscuotere riuscendo ad incassare 1,7 milioni. Questo nei primi sei mesi del 2018 con altri incassi maturati nella seconda metà. Di qui la possibilità, da parte della società di fronteggiare parte dei debiti più urgenti tra i quali quelli (molto, molto strani) verso enti previdenziali. Ne è derivato il secondo effetto positivo: il Durc si è ripulito, dopo 10 anni consecutivi di irregolarità, dieci anni, rendendo possibile a cascata l'incasso di tanti crediti che l'Alto Calore vantava nei confronti di enti pubblici. Per essere più chiari: nessuno pagava l'Alto Calore perché era l'Alto Calore a non avere la dichiarazione unica di regolarità contributiva: nessun ente pubblico, ovvero lo Stato, può dare soldi a chi non è in regola. Il combinato disposto, effetti positivi della Crearci e Durc ripulito hanno fatto arrivare, per cassa, molti, molti soldi.

Ma l'inghippo c'è. E' liquidità già calcolata in bilancio, fa cassa non finanza. E' come se si fossero raddoppiate, al capezzale della società Alto Calore, le bombole di ossigeno: il paziente respira meglio, ma la malattia resta grave, gravissima. Si calcola che a fine anno finanziario l'Alto Calore chiuda il bilancio con un debito record da 144 milioni di euro. Il perché è sempre nello studio Pozzoli. La proiezione è semplice: la prospettiva di incassare gli oltre 40 milioni di fatturato è irrealistica. E, come nel 2015 con un sacrificio di oltre 20 milioni di euro, dell'enorme massa di crediti non riscossi l'Alto Calore dovrà svalutarne almeno il 18%, per allinearsi sempre di più ad un pareggio reale “tra la dimensione economica dei ricavi e quella di concreto flusso finanziario”.

Ecco il rischio, ecco la verità prima proposta come unica via d'uscita e poi negata, messa da parte e sostituita con la verità N° 2, quella che lo stesso Michelangelo Ciarcia – quando si doveva approvare il piano Pozzoli nel luglio del 2018 - negava essere possibile: farsi pagare i debiti o dalla Regione o con un prestito dalla Cassa Depositi e Prestiti. Logica politica, da consorzio idrico anni '70, non da società.

Ma nel frattempo, il conto alla rovescia, il possibile crack finanziario, ha davanti a sé solo tre mesi e Ciarcia è alla guida di una spa, non sta giocando a Monopoli.

I due bubboni sono i costi energetici e il personale. Sui costi energetici, derivati da anni di mancata programmazione (finché le banche anticipavano si mangiava e si mangiava, al diavolo tutto il resto), basta pensare che per risparmiare due milioni all'anno, l'Alto Calore ha chiesto (alla Regione, ovviamente) otto milioni di euro per ammodernare la centrale di Cassano. Otto milioni che, chiaramente, non c'entrano con i 50 milioni che vogliono da De Luca.

Il personale, quello che nessuno vuole mai prendere in considerazione, Pozzoli lo reputa superiore al 44% della media nazionale per società simili. Il personale, 297 dipendenti, costa 17,9 milioni di euro all'anno. Prendono l'impossibile, sono tutti generali e oltre alla tredicesima incassano pure la 14esima.

Pensate che nel 2015 erano 408.

Un caso record anche per il sud, dove, per pudore, le altre società si sono fermate al 27, 28% dei ricavi di vendita.

Gli esuberi, quelli che non servono e che l'Alto Calore ha assunto, sono 130. Lo dice Pozzoli, non noi. Ci sono 62 dipendenti che (oggi) potrebbero essere avviati al pre-pensionamento (nel triennio sono 90) ma i sindacati stanno facendo uno ostruzionismo cieco: siamo al negazionismo della catastrofe, come i suonatori di violino sul ponte sette del Titanic. In più, in questo periodo c'è la possibilità per molti di loro di “migrare” in altre società di Rete/Consorzio aggiudicatario, grazie a fondi regionali disponibili. Ma anche su questo non c'è determinazione. E poi chi lascia un posto di lavoro dove la stragrande maggioranza è pagata per non servire?

Finita la disponibilità di cassa e tornati al pettine tutti i debiti da pagare entro aprile, l'Alto Calore con queste cose dovrà fare i conti: 144 milioni di euro di debiti pure la politica anni '80 avrebbe avuto quale difficoltà a ripianarli.

La verità n°2 ha tre mesi di tempo. Poi c'è il crack.