Salerno

“Siamo magistrati, ma ci tocca fare anche questo”. Basterebbe questa frase per segnalare il disappunto della magistratura salernitana per le condizioni in cui sono stati costretti ad operare – ieri come oggi – nei nuovi locali della cittadella giudiziaria. La presidente della Corte d’Appello, Iside Russo, è stata categorica: “I problemi non mancano. Abbiamo consegnato alla città spazi più dignitosi ma ci sono ancora criticità da risolvere e soluzioni da migliorare”, ha scandito nel suo intervento che ha inaugurato l’anno giudiziario 2019.

Ed è stato quasi surreale ascoltare il presidente della Corte salernitana dover parlare di temperature ottimali nelle aule dei processi (“tra 18 e 23 gradi”), di ascensori insufficienti o delle porte che si aprono e chiudono di continuo. La plastica testimonianza di quanto sia complicato, non solo per i giudici ma anche per il personale amministrativo, gli avvocati e i cittadini, l’approccio con la nuova cittadella giudiziaria. Che sarà anche stata disegnata da un’archistar come Chipperfield, ma che sconta anche – paradossalmente – la “vecchiaia” di un progetto concepito anni fa e portato a compimento solo dopo molto tempo, per via delle ben note elefantiasi burocratiche italiane.

I magistrati, come tutti, sbagliano. E i loro errori – come quelli commessi dai medici – hanno forse un peso diverso dagli sbagli altrui. Ma è anche vero che bisogna metterli nelle condizioni ideali di poter svolgere al meglio il loro lavoro. E ascoltare, per un edificio costato milioni di euro, che ci sono così tanti problemi è mortificante. Per chi in quell’opera ci ha creduto e tanto ha investito, personalmente e politicamente, e per chi ci lavora.

Nelle 351 pagine della relazione a firma di Iside Russo sull’anno giudiziario, è mortificante leggere – nero su bianco – passaggi come questi: “Abbiamo trovato gli edifici in condizioni drammatiche. Un tappeto di cicche di sigarette, sporcizia dappertutto, erbacce, siringhe nelle aiuole, vetri, materiale vario, rifiuti, la discesa che porta al garage di via Dalmazia era una sorta di discarica”.

E’ mortificante per tutti, non solo per i giudici o per chi alla cittadella giudiziaria ci lavora. E’ mortificante per ogni salernitano dotato di amor proprio e per chiunque abbia un minimo di rispetto per quella bilancia raffigurante la giustizia, sulla quale ogni giorno ognuno di noi si poggia.