Ariano Irpino

Un corteo silenzioso e ordinato, come ogni anno, dall’ingresso del cimitero fino alla tomba di Angelo Grasso, il poliziotto arianese ucciso barbaramente a Roma durante una rapina 31 anni fa.

Una ferita mai rimarginata per questa umile famiglia del Piano di Zona. Non ce l’ha fatta ad essere presente alla commemorazione papà Michele, per motivi di salute. Non era mai accaduto negli anni.

Le parole e l’abbraccio del vice questore Maria Felicia Salerno alla madre di Angelo nel portare i saluti del Questore di Avellino Luigi Botte: “Il suo sacrificio non è stato vano. Ci ha insegnato tante cose, ci ha fatto capire quella che è la strada da percorrere con dignità, professionalità, lealtà e serietà nei confronti dello Stato. Ed è la strada - ha concluso Salerno - che tutti noi stiamo percorrendo, ricordando Angelo.”

Nel mese di giugno scorso il Comune ha dedicato una piazzola ad Angelo Grasso, nei pressi della sua abitazione.

“Onoriamo la memoria e il sacrificio di un valoroso giovane, figlio di questa città – ha affermato il sindaco Domenico Gambacorta – vittima di una barbara uccisione che non si potrà mai dimenticare. Un ragazzo valido, come tanti altri che hanno lasciato questa terra e che ha fatto fino in fondo il suo dovere al servizio dello Stato.”

Era il 23 gennaio 1988 quando una mano assassina, fece fuoco contro di lui uccidendolo a Roma, sull’Appia antica, sotto gli occhi della fidanzata, durante una rapina compiuta ai suoi danni. Ariano da quella tragica sera non lo ha mai dimenticato.

Ariano tremò dopo la terribile notizia giunta dalla capitale.  Angelo, libero dal servizio, si era appartato con la sua fidanzata. Ad un tratto quell’incontro era stato interrotto dall’arrivo di due giovani con il volto coperto da passamontagna. Alla vista dei malviventi l’agente Grasso non era rimasto impassibile, non poteva. Non era un giovane qualunque, era un poliziotto, doveva opporsi ai suoi rapinatori con tutte le sue forze. E al rifiuto di consegnare quei soldi e gioielli, i due delinquenti avevano fatto fuoco contro l’auto di Angelo, una Fiat Ritmo, che il giovane aveva da poco acquistato. Anche Grasso, estratta la pistola, aveva sparato. Ma i proiettili dei due rapinatori lo avevano già ferito mortalmente.

Terrorizzata, la fidanzata, resasi conto della gravità della situazione, era riuscita a spostare il corpo già senza vita di Angelo, sul sedile accanto, guidando per oltre tre chilometri fino a raggiungere il più vicino ospedale. Tutto si era rivelato purtroppo inutile. Erano state subito avviate le indagini. Il fratello Ottone, in servizio nell’arma dei carabinieri, aveva giurato vendetta. A distanza di nove mesi dal delitto erano stati  arrestati dalla squadra mobile due giovani tossicodipendenti di 23 e 24 anni, ritenuti colpevoli dell’omicidio.