A ventisei anni dalla Legge 257/92 che ha messo al bando l’amianto, la fibra killer continua a minacciare la salute dei cittadini e l’ambiente.

In Campania sono 4000 le strutture dove è presente amianto, censite al 2018, per un totale di circa 3 milioni di metri quadrati di coperture in cemento amianto. Di queste, tre sono rappresentate da siti industriali, 85 sono edifici pubblici, 955 sono edifici privati, 3.043 le coperture in cemento amianto. È la fotografia scattata nel 2018 dal dossier “Liberi dall’amianto? realizzato da Legambiente.

Ma poi si verifica il paradosso. Da anni i comuni si lamentano perché non hanno i soldi per fare le bonifiche, e quando la Regione Campania stanzia i fondi accade che solo tre sindaci si fanno avanti: due del casertano, Aversa e Sparanise, e un comune irpino, Caposele.

In tutto un milione e 300mila euro. Non sono molti, è vero. Considerando i costi altissimi delle operazioni di smaltimento dell'amianto, lo stanziamento coprirebbe giusto una decina di progetti. Ma stando a quanto è emerso di questi fondi solo 152mila saranno utilizzati. Vista la situazione il 29 novembre la Regione ha varato una nuova delibera che parte proprio dalla triste constatazione di una “limitata partecipazione delle Amministrazioni comunali al bando, il che denota – si legge – scarsa attenzione da parte delle stesse alla problematica amianto”.

Alla fine il provvedimento di Palazzo Santa Lucia stabilisce di usare i fondi inutilizzati per rimuovere rifiuti tossici nell'ambito dell'accordo di programma per le compensazioni ambientali. Sul punto anche il gruppo dei cinque stelle in Regione solleva molte critiche agli amministratori della Campania. Per il consigliere regionale Vincenzo Viglione si tratta di “un segnale preoccupante che denota totale disinteresse rispetto a un fenomeno gravissimo”.

I sindaci rappresentati dall'Anci Campania però non ci stanno a passare per amministratori insensibili e menefreghisti.

La burocrazia. In realtà sarebbe la burocrazia a fermare l' iniziativa dei comuni. Troppo lungo e complesso l'iter necessario: prima la mappatura dei siti, poi la caratterizzazione infine l'autorizzazione dell'Asl. Procedure lunghe che richiedono competenze e pianificazione insomma. Ma non è questo che deve fare un ente locale? Ci si chiede.

Da parte sua la Regione Campania ha approvato nel frattempo il Piano regionale amianto, previsto dalla legge 257/92, e ha completato le attività di censimento e mappatura. Resta lo smaltimento dell’amianto: in Campania mancano impianti specifici, e non sono neanche previsti dal piano regionale sui rifiuti. La mancata presenza di discariche incide sia sui costi di smaltimento che sui tempi di rimozione.

Il credito d'imposta. Per incentivare le bonifiche peraltro c'è una norma contenuta nella manovra finanziaria del Governo che introduce adesso un credito d'imposta del 65% proprio per la rimozione dell'amianto. La norma recita: “Per le erogazioni liberali in denaro, effettuate nei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018, per interventi su edifici e terreni pubblici finalizzati alla bonifica ambientale (compresa la rimozione dell’amianto), alla prevenzione e al risanamento del dissesto idrogeologico, alla realizzazione o alla ristrutturazione di parchi e aree verdi attrezzate e al recupero di aree dismesse di proprietà pubblica, spetta un credito d’imposta nella misura del 65%”.
La sentenza. Nel frattempo, poco prima di Natale è arrivata una sentenza storica proprio da un tribunale della Campania, quello di Nola, che ha condannato l'Inail al riconoscimento della rendita per malattia professionale al signor Pasquale Quattromani, napoletano, per 40 anni addetto alla manutenzione di aerei, in servizio tra gli aeroporti di Fiumicino e Capodichino, morto qualche anno fa. L'ente di previdenza dovrà pagare in favore della vedova, assistita dall'avvocato Ezio Bonanni, tutti i ratei maturati dalla domanda in via amministrativa fino al decesso e poi dovrà costituire anche la rendita di reversibilità.

L'operaio specializzato si è ammalato di mesotelioma, e dopo un anno di malattia e sofferenze è morto. Quattromani è stato ucciso, secondo i legali dello studio Bonanni, perché erano state violate le leggi sulla sicurezza sul lavoro, con aeroplani imbottiti di amianto.

Una storia che ci ricorda quanto è accaduto 30 anni fa nella "fabbrica della morte" di Avellino, l'Isochimica di Elio Graziano dove centinaia di operai hanno scoibentato a mani nude e senza protezione le carrozze ferroviarie imbottite di amianto per conto delle Ferrovie dello Stato. Dopo 30 anni e molti morti le visite mediche all’Asl sono sospese, il pensionamento lontano, mentre il processo è in alto mare e resta ancora a Napoli senza nessuna possibilità, al momento, che ritorni in ad Avellino. Ma questa è un'altra storia. O forse no.