Benevento

Bussa alla porta il 2019. Lo spioncino è così piccolo da poterlo solo intravedere. Chissà cosa porterà alla vecchina con la scopa… una nuova serie A o il ripetersi della cadetteria? Una dilemma che in questi ultimi giorni si affaccia prepotentemente nella mente dei tifosi sanniti. Suvvia. In quanti hanno riposto in questo nuovo anno la speranza di un ritorno nel calcio più nobile di questa Italia. Praticamente tutti: dai piccoli tifosi ai più grandi, quelli che oramai avevano smesso di sognare. Fino alle ultime due stagioni. Non ci sono dubbi sui regali donati dal 2016 e dal 2017. La B e poi la A. E il 2018? Pensate un po’, è stata la prima retrocessione dell’era Vigorito. Una tragedia? Macché… Un sogno. E non perché la strega e gli stregoni non avessero creduto nella salvezza. Le speranze ci sono state eccome. Ma perché la serie A è stata semplicemente una fiaba. Con l’avvento del 2018 c’è stata la seconda vittoria del campionato. Sulla panchina s’era già seduto mister De Zerbi che dopo aver chiuso in bellezza il 2017 col successo casalingo sul Chievo Verona, ha poi bissato con una splendida vittoria sulla Samp grazie alle magie di Coda e al gol di un giovane sannita Brignola, ora tra le fila del Sassuolo. Così la speranza di molti: ci salveremo! Ma partita dopo partita s’è fatta avanti la convinzione che forse questo Benevento non era ancora pronto per sfidare i grandi. Ci ha provato Oreste Vigorito che a gennaio nel mercato di riparazione ha speso molto: soldi, energie… cuore. Un viaggio di un solo giorno in Argentina per provare a prendere un calciatore finito poi al Bologna, Paz. E poi l’arrivo di Djuricic, Sagnà, Sandro, Guilherme, Diabaté, Tosca… Un vero e proprio esercito per provare l’impresa. Con loro il gioco era arrivato. E pure qualche risultato. Ma non è bastato. La sfortuna di giocarsi la partita chiave a Firenze in un momento decisamente sbagliato. La tragedia della morte di Astori e l’arrivo della strega a Firenze in uno stadio dove era impensabile giocarsela a denti stretti quando a farsi sentire era solo la voce del cuore. Non ce l’ha fatta De Zerbi, mai visto così remissivo in panchina. Non ce l’hanno fatta i calciatori che solo nel finale hanno provato a pareggiarla quando dall’altra parte c’erano compagni di sport, di vita, col viso bagnato dalle lacrime. Non s’è fatto mancare nulla il Benevento in questo 2018, quello che ci sta salutando definitivamente. E che non tornerà più. Perché indietro non si torna mai. Nemmeno quando i pensieri si fermano sui momenti storici e indimenticabili. Come la vittoria a San Siro, la prima in trasferta. Contro il Milan, la squadra del cuore di Ciro, fratello di Oreste Vigorito. I due “amici per scelta” avevano sempre sognato, insieme, di sedersi sulla poltroncina della scala del calcio. E quando lui, il fratello più piccolo, il re del vento, è riuscito a farlo e pure in grande, il suo viso s’è alzato in cielo e tra un braccio e l’altro ai suoi calciatori ha rivolto un pensiero a chi non c’è più ma solo fisicamente. “Quando passeggio sul manto erboso non sono mai solo”…. Le parole del presidente giallorosso. Il gol di Iemmello è bastato a piegare Gattuso e Company, dopo che proprio i rossoneri avevano permesso al Benevento di registrare il primo punto nel girone di andata.  Che serata! Meno bella quella con l’Inter, sempre a San Siro, ma non per colpa dei giallorossi. Loro avrebbero meritato la vittoria, piegata la squadra di Spalletti. Sembrava di vedere il Barcellona a tratti, e non è una battuta. Ma poi l’arbitro ci ha messo il suo zampino. Dando una mano ai nerazzurri a dispetto dei sogni dei tanti beneventani che credevano ancora nella impresa. Di punti dopo ce ne sono stati ma non sono bastati. Il Benevento ha chiuso ultimo ma solo per il verdetto del campo. La squadra a suo modo si è riscattata, la società con a capo Oreste Vigorito, s’è fatta apprezzare per stile e classe, i tifosi hanno fatto emozionare tutti. Sempre sorridenti dopo una sconfitta, sempre pronti a cantare sulle gradinate dei campi italiani. Fino alla festa. Nel giorno paradossalmente più brutto, quello della retrocessione. In casa col Genoa gli applausi nel finale e lo stringersi in una grande emozione: pubblico e calciatori. L’eco è arrivato fino all’estero. Laddove si rincorrono voci di risse, di morti per insuccessi, il Sannio, Benevento e la famiglia Vigorito hanno insegnato a saper vincere perdendo. Così è iniziata la nuova avventura in B. Record di abbonamenti, squadra diversa, allenatore nuovo, perché purtroppo in tanti hanno deciso di lasciare, e lo stesso sogno: ovvero sognare. Semplicemente. Con le solite difficoltà. Perché la B ha dimostrato a tutti che non c’è un sempre biglietto di ritorno in A per le retrocesse. C’è da sudarsela, come sta facendo la squadra del duo Bucchi - Foggia. Giovani capitanati da chi ha qualche anno in più ma solo fisicamente, il patron Vigorito che ha chiuso l’anno con un brindisi in sala stampa. E l’augurio di rivedersi nel 2019 con un sorriso. E con la consapevolezza che chi nasce gladiatore avrà sempre il cuore di un combattente. Sfida dopo sfida. Sconfitte dopo sconfitte. Successi dopo successi. E allora che bussi pure il 2019. La strega non ha mica paura.