Cerreto Sannita

“Dio si incarna ancora!”, questo il messaggio di Natale 2018 del vescovo della Diocesi di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti mons. Domenico Battaglia

 

Abbiamo bisogno di rimetterci in cammino in fretta per arrivare puntuali a quella grotta. Quella grotta che continua a essere il grido dell’umanità in attesa”.

 

Il ricordo vivo di questi giorni di incontri e visite del vescovo diocesano Mimmo, gli sguardi, le parole che infondono e chiedono speranza, gli abbracci che sembrano voler catturare e imprimere un senso, ridisegnano volti, vite, storie! Sono un canto nuovo che vuole abitare l’esistenza, aprire i confini, ripercorrere le vie di sempre innestando nel tempo la logica di Dio che continua ad attendere l’uomo, che continua ad amarlo senza misura scegliendo di scendere, uscire, entrare nella storia, lasciarsi riconoscere presente.

Nella Lettera di Natale scritta come messaggio alle comunità parrocchiali della Diocesi, mons. Battaglia pone l’accento sul muoversi in fretta verso la grotta.

Tutto me lo ricorda amplificando il rumore dei passi, il tepore degli abbracci, la gioia dei sorrisi. Si assottiglia l’attesa, si diradano le ombre della notte, dentro e fuori. Un’ansia antica del Natale sembra riemergere con la sua forza cristallina, nel sapore di storie passate, di parole lontane, di un sentire abitato dalla carezza di qualcuno, da una gioia povera e palpabile che penetra l’aria, il freddo e la nebbia. Un contrasto forte con il presente, con la sua denuncia di indifferenza, con le varie forme di ingiustizia sociale, di esclusione, con la debolezza della politica incapace di dare voce ai disagi e alle sofferenze dei più fragili, degli immigrati, dei senza lavoro. Il rischio di non arrivare puntuale alla grotta mi assale. Mi parla di un disagio più profondo: la paura di non avere accolto abbastanza, amato abbastanza, ascoltato abbastanza”.

Rivede le vie percorse, don Mimmo, ritrovando i segni di quell’appuntamento che Dio continua a fissare, “nel grido di speranza dei miei giovani, nell’attesa degli ultimi, nel mio nome pronunciato da quei ragazzi “speciali” che mi hanno fatto scoprire un riflesso del Suo sguardo, l’inesauribilità della Sua gioia, la voce del Suo chiamarmi. Gesù – prosegue il vescovo Mimmo – non nasce soltanto in una grotta, ma per strada, nella notte, su sentieri accidentati, montagne e colline non spianate, vie non raddrizzate. Dio non ha cercato un posto comodo e nemmeno un posto a caso, o vite perfette. Per questo lo ha accolto una grotta. Per questo lo hanno accolto Maria e Giuseppe. Mentre la mia inquietudine misura il desiderio di raggiungere giovani, bambini malati, famiglie in difficoltà, anziani soli, mi rendo conto che le lunghe distanze percorse e da percorrere fisicamente, si fanno traccia visibile di distanze interiori, di stanchezze e ombre che appesantiscono il mio sentire e affievoliscono il mio vedere. Sono le distanze che mi separano dalla grotta e che devo percorrere per giungere in tempo. Dio si consegna nell’evento di un incontro gratuito, alla fragilità delle nostre mani e del nostro tempo, all’incompiutezza delle nostre storie personali, alle speranze deboli, ai fallimenti, alle delusioni, alle relazioni interrotte, alla fatica di riconoscerci fratelli. Si consegna nascendo quale Dio con noi, prossimo nella carne dell’esistenza, nella debolezza del corpo e del respiro, nella caducità del tempo. Debole, povero, indifeso, bambino. Questo fa l’amore e lo fa senza misura: nasce e si consegna!”.

Il sorriso di un bambino immobilizzato su una sedia, la carezza di un compagno che si sente suo fratello, l’amore impensabile di un uomo e una donna che diventano padre e madre, la forza donata nella caduta e nel fallimento. “Questo fa l’amore”, ricorda il vescovo Battaglia: “nasce e riveste di luce, ridona la speranza a te e al mondo! Riveste di misericordia le notti del cuore e dello spirito, dona una casa, calore, presenza, dona segni di luce flebile che permettono di alzare il capo e riconoscere la scia luminosa del passaggio della stella. Mi piace pensare che Dio oggi attende ancora una carezza da queste nostre mani, con la delicatezza del nostro accogliere, restare, adorare. Mi piace pensare che l’abbia ricevuta in questi giorni quando, prendendo in braccio un bambino, mi sono sentito a mia volta preso in braccio, amato, accolto. Ho bisogno… abbiamo bisogno di rimetterci in cammino verso la grotta. Si mette in cammino chi ha visto sorgere la stella del Dio con noi!”. In questo si comprende la paura di non arrivare in tempo a quella grotta, quella grotta che continua a essere il grido dell’umanità in attesa, che continua a essere luogo di contemplazione, di adorazione, di ristoro e riposo, luogo in cui misericordia e verità si incontrano, giustizia e pace si baciano. “Mi fermo e raccolgo ogni storia”, racconta don Mimmo. “Ne ricordo un passaggio, la lego a me, ne faccio memoria. Benedico le montagne, le colline da abbassare, i sentieri da raddrizzare. Benedico la vostra vita tutta, il vostro passato e il vostro presente, le vostre crisi e le vostre speranze. Benedico le distanze che devo ancora percorrere, le stanchezze di dentro che mi separano ancora e sempre da quella grotta. Comprendo che il Signore nasce proprio in esse, nelle delusioni, nel fallimento, e riveste di luce quei momenti. Comprendo che il Signore s’incarna ancora, viene ancora in questa storia. Comprendo che la sua Parola diventa luce, vita, riconoscimento dei più deboli, gioia, nutrimento, distanza e vicinanza, assenza e presenza… diventa carne… sempre… quando mi lascio rialzare, visitare, incontrare, ascoltare, accogliere, nel mio desiderio di amare”.

Dio nasce nel buio di una notte, nelle difficoltà del camminare insieme, nelle insoddisfazioni di un cuore inquieto che continua a cercare, anche nella morte e nell’assenza. Dio nasce e si lascia trovare, si lascia riconoscere nel volto di un bambino, nei segni della vita e dell’eterno. “Buon Natale allora! E’ l’augurio di sempre ma con sapore nuovo… il sapore dell’inizio di una condivisione reale di passi, gioie, difficoltà, sofferenze; intreccio di storie, desideri, speranze, fame e sete di luce, di giustizia, di rispetto, di calore. Dio si incarna ancora e consegna la sua speranza al mondo, il suo sogno: nel cuore dell’uomo ci sia sempre posto per l’altro, un posto in più, per qualcuno desiderato, per un ospite inatteso!”.