Montemiletto

 

Una serata perfetta con un jazzista imperfetto. Danilo Rea, ospite del quarto incontro della mini rassegna “parole e musica” in corso di svolgimento presso il Castello della Leonessa di Montemiletto, si è messo a nudo offrendosi al pubblico in tutta la sua semplicità parlando del suo essere musicista e dell’arte dell’improvvisazione che è diventata il fil rouge della sua musica.

 Una musica, come ha dimostrato nel corso della sua esibizione, sempre diversa proprio perché non ha spartiti da seguire ed interpretare in quanto ispirata esclusivamente dall’improvvisazione. Un’abilità straordinaria la sua, resa ancor più percettibile quando, nel corso della serata, ha chiesto ad un bambino presente in sala di suonare a caso un paio di tasti del pianoforte e da quelle note ha improvvisato una melodia che ha letteralmente entusiasmato e coinvolto il pubblico.

Capace di spaziare dalla musica classica a quella pop e finanche alla lirica, tra una improvvisazione ad un’altra, ha parlato della sua carriera, della sua musica e del senso del suo ultimo libro “il jazzista imperfetto” dal quale si evince in maniera semplice e chiara che per Danilo Rea per fare jazz occorre melodia ed improvvisazione, disciplina e follia, il tutto con un pizzico di fortuna che non guasta mai, ma anche e soprattutto dalla passione che lo accompagna da quando era un ragazzo. Da quando ha cominciato la sua avventura nella Roma degli anni Settanta, dove i grandi musicisti americani in tour, come Chet Baker o Lee Konitz, "arruolano" giovani talenti del posto per accompagnare le proprie esibizioni.

È un privilegio entrare da protagonisti in locali mitici come il Capolinea di Milano e il Music Inn di Roma. Poi, però, ci vuole un mix esplosivo di impegno e passione per passare dalle prove in cantina con il suo primo trio ai grandi festival come Umbria Jazz, e per arrivare a suonare con i migliori, da Pino Daniele a Mina e da Gino Paoli a Claudio Baglioni.

Quel mix, Danilo Rea lo ha sempre avuto e lo ha messo in campo senza sosta nei suoi primi quarant'anni di carriera. E il suo ingrediente segreto si chiama contaminazione. Questo lo porterà a mettere in repertorio pezzi di Frank Sinatra e dei Rolling Stones, a cimentarsi con la sigla della "Domenica sportiva", ad accompagnare un balletto di Daniel Ezralow e una lettura di David Grossman, a duettare con il pianista classico Ramin Bahrami sugli spartiti di Bach, e a costruire una carriera capace di infrangere ogni limite di genere, tra sorprese e viaggi, aneddoti e incontri.

Improvvisare è come parlare, ha evidenziato più volte Danilo Rea, e anche la sua scrittura è jazz, nel libro “il jazzista imperfetto”  che  cattura il lettore in una variazione continua sui ritmi della vita e dell'arte. Aneddoti e segreti di una vita e una carriera jazz condivisi con il pubblico partendo dall’improvvisazione come stile di vita.

E per restare in tema di improvvisazione e contaminazione, Rea ha piacevolmente contaminato con le sue parole e la sua musica gli appassionati e non che hanno affollato il salone del Castello della Leonessa e che hanno salutato il celebre compositore di musica jazz con una standing ovation.

Una serata caratterizzata anche dal laboratorio e dalla degustazione di vini doc e docg, eccellenze del territorio molto apprezzate da Danilo Rea che tra un sorso ed un altro  si è intrattenuto con le numerose persone accorse per ascoltarlo.