di Simonetta Ieppariello

La vita e la morte. La redenzione per una vita “pezzente” può arrivare anche dopo la morte: è questo il profondo significato che Napoli ha dato, nei secoli, al culto dei defunti. Un legame speciale quello dei napoletani con il Purgatorio, inteso come occasione di riscatto e non di dannazione. E se gli americani per Halloween hanno le zucche, Napoli ha le sue “Capuzzelle”. Un culto molto più antico di Halloween intriso di fede, speranza e carità. Pregare per amore e devozione, pregare per dare o rifrisco alle anime purganti, per consentire l’ascesa al Paradiso. (rivedi puntata L'Altra Campania, ndr)

Ed è proprio questa ossessione della morte che ha generato quello che può essere definito un vero e proprio culto dei morti nella città di Partenope.

Un culto che ha radici profonde. Ma a Napoli il passato non è mai completamente passato, mai sepolto del tutto. E così il rapporto con i morti diventa speciale tanto che i defunti continuano a proteggere i vivi dall’Aldilà, e addirittura esaudiscono i loro desideri, chiedendo in cambio della preghiere.

Già nella fine del ‘600 compare l’idea che le anime purganti avessero bisogno di tali “sollievi” per poter accelerare la loro ascesa al Paradiso e che, in cambio delle preghiere dei viventi, queste potessero ricambiare con grazie e favori ottenuti per intercessione.

La tradizione vuole che il fedele si scelga la capuzzella da accudire e se l’anima da segni di risposta, viene ulteriormente curata e a quel punto si mette una corona del rosario e il fazzoletto viene sostituito con un ricamo di merletto. Se invece non accade niente la capuzzella viene prima “messa in punizione”, cioè girata, e poi riportata all’ossario e abbandonata. Il fedele si prende cura, dunque, dell’anima adottata in cambio di una grazia.

L’idea delle anime come spiriti minori si riflette anche nei termini diminutivi utilizzati, pezzentelle o capuzzelle o può forse legarsi all’infanzia. I crani dei bambini erano infatti i più richiesti e proprio i bambini. E con quel culto così particolare e ancora praticato con fede e devozione sono tanti i racconti avvolti nella leggenda come quello di una misteriosa bambini che sarebbe apparsa scalza e divertita nella chiesa.

I luoghi di questa devozione sono ancora oggi il Cimitero delle Fontanelle nella cui navata centrale sono conservati i resti degli appestati, mentre la navata di destra contiene i pezzentelli e la gente povera; la Chiesa di San Pietro ad Aram, dpove sono custoditi i resti mortali di Santa Candida il cui teschio è divenuto oggetto di venerazione e la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco  lungo il decumano inferiore della città  fino alle catacombe di San Gaudioso dove Totò si racconta che trovò ispirazione per la Sua Livella e le catacombe di San Gennaro.

E ad Ercolano il culto delle anime del Purgatorio viene ancora praticato. Tutti i mercoledì le anziane della città vesuviana si ritrovano per accudire le anime pezzentelle e abbandonate del cimitero dell’Arciconfraternita della Santissima Trinità.

Un racconto ricco di aspetti misteriosi, proverbi e immaginifico popolare, che recupera la tradizione orale dell'antica Resina e del Monte Vesuvio. Un rosario recitato in dialetto napoletano, che in alcuni passaggi commuove per la sua straordinaria  unicità.

Per scoprirlo si deve scendere discesa all'ipogeo sotterraneo del 700, antico cimitero sottostante la terra santa, dove ancora oggi è attestato il noto culto dei morti, come la tradizione prevede per ogni chiesa dove si trovi la Madonna delle Grazie. Una discesa inferina ed emozionante in un luogo sconosciuto a molti.

La Reale Arciconfratenita della SS.Trinita’, è situata accanto alla Basilica di Pugliano, è sorta nell'antica Resina, oggi chiamata Ercolano. Ogni Mercoledì pomeriggio per una vecchia tradizione ercolanese è visitabile dalle 17:00 fino alle 19:00, numerosi fedeli vengono ad onorare le anime dei defunti, e si svolgono preghiere e rosari antichi Ercolanesi. Nella Domenica successiva al 02 novembre, si svolge celebrazione del Suffragio Universale dei fedeli e sacerdoti defunti, tra  fiaccolata accese nel cimitero portate  accompagnato dai cosidetti "Incapucciati ".

E grazie al maestro Giovanni D’Angelo delicato e autentico interprete della musica e della tradizione ercolanese e non solo si compie un viaggio attraverso gli aneddoti, le leggende e i racconti legati agli elementi di fuoco, terra e mare e alle tradizioni culturali e religiose più misteriose: Ecco le storie più affascinanti della religiosità popolare, come ad esempio la leggenda secondo la quale la Madonna nera fosse legata al ciclo invernale e alla morte. Un racconto ricco di aspetti misteriosi, proverbi e immaginifico popolare scandito da canti unici laude e racconti di una Resina perduta nel tempo.

E queste sono le ore in cui secondo la credenza popolare, nella notte tra il 1 e il 2 novembre le anime dei defunti tornano dall’ aldilà, ed il viaggio che li separa dai vivi è lungo e faticoso, infatti era usanza lasciare in cucina un secchio o un vaso d’acqua per farli dissetare. Non era difficile, nei secoli scorsi, trovare delle pietanze sulle tombe o su loculi.

Ad Ercolano come il altri comuni vesuiani nella stanza più bella della casa veniva preparata in suo onore una cena composta da due fette di pane, un pizzico di sale, del limone ed un bicchiere d’acqua.

In Campania si usa preparare il “torrone dei morti“, o murtariell che proprio perché morbido e cremoso è conosciuto anche come “muollo” per sottolineare la consistenza.chiamato anche ‘O Murticciell’ ha una caratteristica forma a cassetta che fa pensare ad una bara.