Benevento

Dopo vent'anni la Provincia di Benevento è tornata a vestire i colori del centrodestra: Antonio Di Maria, sindaco di Santa Croce del Sannio, sponsorizzato da Clemente Mastella riesce a riprendere la Rocca dopo che dal 1998 si erano succeduti solo presidenti di centrosinistra, sia con l'elezione diretta, il dominio Nardone e poi Cimitile, sia con quella indiretta col quadriennio alla guida di Claudio Ricci.


Una nuova e importante vittoria politica per Mastella che, è da ricordare, è partito nel 2016 praticamente senza più nulla nel suo bagaglio all'infuori del suo nome, della sua storia e di qualche amico, riuscendo prima a prendersi il Comune di Benevento nello sfavore del pronostico, poi il partito di Forza Italia e infine tutto il centrodestra unendo le varie anime e mettendo la bandiera anche in cima alla Rocca dei Rettori.


Uno smacco per il Pd, che chiude così due anni di sconfitte più o meno cocenti: da quella al Comune di Benevento nel 2016 alle politiche del 4 marzo seppur con un risultato dignitoso nelle economie del sud e dunque nella scorpacciata elettorale a Cinque Stelle e infine alla Rocca.
Certo il risultato di ieri va letto: il pronostico, ed è stato più volte scritto e ripetuto, era tutto a vantaggio di Di Maria, che nelle ipotesi iniziali avrebbe dovuto chiudere la partita con un 70 a 30 in termini percentuali, forte del macigno di voti della città capoluogo (avrebbero dovuto essere 24, sono stati 23). Damiano è riuscito a limitare i danni, riuscendo in particolare nell'ultimo periodo quantomeno a tenere viva, nei rumors, l'ipotesi di una contesa tirata.

E' riuscito ad arrivare al 42 per cento, prendendosi di diritto almeno l'onore delle armi. Armi, proprio come quelle del fuoco amico che, secondo i rumors, e leggendo i comunicati del post elezione hanno colpito eccome il sindaco di Montesarchio. Mancano voti in alcune fasce: la fascia c in particolare secondo gli addetti ai lavori di casa dem, è stata particolarmente foriera di sorprese negative, con tutti i crismi del tradimento, e anche in fascia rossa (Montesarchio e Sant'Agata) dove era stato ritenuto possibile addirittura il cappotto, saltano all'occhio le cinque schede per Di Maria. Due erano ritenute nel novero delle cose possibili, tre ben al di sotto dell'accettabile, cinque evocano un evidente tradimento.


Insomma, Damiano ha limitato i danni facendo da collante e tenendo unito qualcosa che presenta scricchiolii sempre più forti, ma che urgano correttivi, anche drastici, sembra fuor di dubbio. Come nel calcio, sono le vittorie il collante che tiene unite le squadre, come nel calcio le sconfitte provocano disunione. Lampante l'esempio di Benevento città: solitamente sono le maggioranze che fisiologicamente perdono pezzi per strada, in questo caso è stata l'opposizione targata Pd a vedere andar via un numero importante di attori, un numero che va ampiamente oltre il fisiologico.


Fisiologico di certo è il cambiamento, nelle regole della democrazia: i 10 anni al Comune coincisi con la peggior crisi amplificata dalla debolezza strutturale di un ente delle aree interne, i 20 alla Provincia connotati dalla stessa situazione con il quadriennio di Ricci che di certo, non solo per responsabilità dell'ex presidente, hanno prodotto una pubblicità tutt'altro che positiva per il centrosinistra, favorendo il cambio di colore di Comune e Provincia. Ma naturalmente liquidare la questione a ciò sarebbe assolutamente minimalista e cieco. Lo ha detto anche Valentino d'altronde che va aperta una riflessione, senza ipocrisie e magari prescindendo da processi e andando oltre le solite discussioni sulle altezze, ma guardando anche alle basi, perché le prime non possono essere chiamate a sobbarcarsi sempre anche il lavoro che dovrebbero fare le seconde. 

Cristiano Vella