Montesarchio

L'attesa, durata cinque mesi e mezzo, è finita. E i suoi familiari – sono rappresentati dagli avvocati Federico Paolucci, Ettore Marcarelli e Massimiliano Cornacchione- potranno finalmente dargli una degna sepoltura. Perchè il sostituto procuratore Assunta Tillo ha dissequestrato la salma di Valentino Improta, 26 anni, di Montesarchio, ucciso a colpi di arma da fuoco e rinvenuto carbonizzato, lo scorso 4 maggio, in una Fiat Punto (nella foto), intestata alla madre, ferma alla località Cepino di Tocco Caudio, nelle vicinanze di un'area pic-nic sul monte Taburno.

Un omicidio per il quale sono stati chiamati in causa Pierluigi Rotondi, un 30enne di Tufara - è assistito dagli avvocati Francesco Fusco ed Elvira Pancari- e Paolo Spitaletta (avvocati Antonio Leone ed Enza Falco), 49 anni, di Tocco Caudio, in carcere dallo scorso 22 maggio sulla scorta di una ordinanza di custodia cautelare adottata dal gip Maria Ilaria Romano, e confermata dal Riesame, nell'inchiesta sulla drammatica rapina compiuta a Montesarchio lo scorso 10 aprile e sulla morte, dopo due settimane, di una delle vittime del colpo, Giovanni Parente, 83 anni. Il via libera ai funerali di Improta è arrivato al termine degli accertamenti tecnici irripetibili, di natura biologica, chimica e balistica, affidati al Ris di Roma.

Nel mirino non solo la Punto divorata dalle fiamme ed una Mercedes classe A, ma anche qualche indumento, un paio di mozziconi di sigarette, alcuni capelli, barattoli di vetro, materiale combusto, un bossolo e pallini da caccia. Elementi che, al pari delle conclusioni dell'autopsia, curata dal professore Piero Ricci, sono ora a disposizione degli inquirenti. Tasselli di un'attività investigativa, quella condotta dai carabinieri, su un delitto agghiacciante, sul cui sfondo – come più volte ricordato - si staglia la vicenda della rapina ai danni dell'83enne, poi deceduto al Rummo, e della sorella 85enne. In azione due uomini, uno dei quali armato di pistola.

Giovanni Parente era stato centrato da un pugno al volto ed aveva battuto la testa contro un muro e, cadendo, sul pavimento. La donna era invece stata trascinata in cucina e con una mano le era stata tappata la bocca per impedirle di urlare. Un'irruzione di cui sono ritenuti responsabili lo stesso Improta e Paolo Spitaletta, 49 anni, di Tocco Caudio, quest'ultimo destinatario di un provvedimento restrittivo nel quale compariva anche il nome di Pierluigi Rotondi (non indagato, però, per il raid), che avrebbe fatto spesso da presunto intermediario tra Improta e Spitaletta, che avrebbe usato il suo cellulare per contattare il primo.

Per Spitaletta, che le aveva respinte durante l'interrogatorio di garanzia nel carcere di Secondigliano, le ipotesi di reato di rapina e omicidio preterintenzionale. Le stesse prospettate nell'avviso di garanzia che Improta aveva ricevuto per l'autopsia dell'83enne. Il 4 maggio era stato invitato all'udienza di conferimento dell'incarico al medico legale, ma non si era presentato. La sera del 2 maggio, infatti, era uscito di casa e non era più rientrato. Due giorni dopo – la mattina del 4 maggio- il rinvenimento in montagna della Punto della mamma e, all'interno, di un corpo bruciato. Il mistero sull'identità era stato spazzato via dopo una ventina di giorni, quando l'esame del Dna, operato dal professore Ciro Di Nunzio, aveva confermato che la vittima era, appunto, Valentino Improta.

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