Sant'Agata de Goti

E' slittata al 26 settembre, per consentire al procuratore generale, che ha chiesto la conferma della condanna, al pari del legale di parte civile, di replicare alle argomentazioni con le quali la difesa ha provato a scardinare l'impianto accusatorio, la sentenza della Corte di appello nel processo a carico di Filippo Lubrano, 35 anni, di San'Agata dei Goti, che il 10 ottobre del 2016 la Corte di assise di Benevento aveva condannato a 10 anni per l'omicidio preterintenzionale di Francesco Ciervo, 69 anni, anch'egli santagatese, morto il 1 agosto del 2015 all'ospedale di Caserta, dove era ricoverato da due giorni.

Assistito dagli avvocati Ettore Marcarelli ed Antonio Biscardi, Lubrano era stato ritenuto l'autore del gesto violento che aveva determinato la fine dell'esistenza di Ciccio il parcheggiatore. Uno schiaffo l'aveva centrato al volto, facendolo rovinare a terra, dove aveva battuto la testa. Era la sera del 30 luglio. Di qui, aveva accertato l'autopsia curata dal medico legale, la dottoressa Monica Fonzo, un'emorragia cerebrale post traumatica risultata fatale, scatenata dalle “tre fratture nella zona occipitale determinate dall'impatto con l'asfalto”. Per Lubrano anche l'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici ed il risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore della moglie e dei tre figli di Ciervo, rappresentati dall'avvocato Alessandro Della Ratta.

Il dramma si era consumato nella piazza dell'ex campo sportivo di Sant'Agata dei Goti, mentre era in corso la festa patronale. Secondo il pm Marcella Pizzillo ed i carabinieri, tra le 19.45 e le 19.50 Lubrano – sulla scorta di quanto riferito, in particolare, da un testimone- aveva avvicinato Ciervo, pretendendo di avere, come parcheggiatore, l'esclusiva nei giorni di festa in un'area di sosta evidentemente appetibile perchè affollata da tante auto.  Il 69enne gli aveva fatto notare che da sempre era lui a lavorare in quell'area, per tutta risposta era stato colpito al volto da uno schiaffo. Era caduto, battendo la testa e riportando un grave trauma cranico che non gli avrebbe dato scampo. Lubrano era poi andato via in bicicletta. Un'altra persona, che non aveva però formalizzato le sue dichiarazioni, aveva sostenuto di averlo successivamente incontrato e picchiato per punirlo di ciò che aveva combinato al povero Francesco.

Il 4 agosto 2015 Filippo Lubrano era finito in carcere, tredici giorni dopo il Riesame gli aveva concesso i domiciliari, poi per lui era stato disposto l'obbligo di dimora. Interrogato dal gip Flavio Cusani, che ne aveva ordinato l'arresto, si era detto completamente estraneo, fornendo una versione diversa da quella degli investigatori. A cominciare dagli orari. Aveva spiegato di aver assistito, intorno alle 18.30, ad una discussione tra Ciervo ed uno dei testimoni a suo carico, descritto come visibilmente ubriaco. Lui aveva svolto il ruolo di paciere, e quando gli animi si erano finalmente calmati, si era allontanato dalla piazza dell'ex campo sportivo. Un'area – aveva puntualizzato- sulla quale non voleva imporre la sua volontà; non gli interessava, a differenza di quella di via Annunziata, dove un'ora più tardi era stato picchiato -una circostanza oggetto di una querela dalla quale è nata un'inchiesta poi archiviata – da un uomo. Che avrebbe agito non per punirlo per qualcosa che non aveva fatto, ma perchè- aveva aggiunto – Lubrano era un teste contro di lui per un litigio in piscina.

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