Pesco Sannita

 

Resistere, resistere, resistere. Per tenere davvero lontano lo spettro delle trivelle non c'è che una linea di condotta. Tutti, dalle associazioni civiche ai rappresentanti istituzionali, devono sentirsi coinvolti in una battaglia dalla quale dipende la stessa sopravvivenza dei territori sannita e irpino.

E' l'accorato appello giunto dal convegno sulle ricerche petrolifere andato in scena ieri sera nella sede comunale di Pesco Sannita, iniziativa della Pro loco, del Forum giovani e della condotta sannita di Slow food.

Alla presenza del primo cittadino Antonio Michele e dei rappresentanti dei comitati No Triv, a calamitare l'attenzione sono stati in particolare gli interventi dei tre tecnici chiamati a relazionare sul tema. “Ci sono due ragioni principali – ha esordito il noto geologo Franco Ortolani - per le quali bisogna pretendere che questi permessi non vengano accordati. La prima riguarda la presenza all'interno degli areali in questione di fondamentali bacini idrici come il Matese e le dighe di Campolattaro e Occhito. La seconda ha a che fare con l'esistenza di faglie sismogenetiche attive proprio in corrispondenza dei progetti “Pietra Spaccata”, “Case Capozzi”, “Nusco” e “Santa Croce”. Trivellare significa accelerare i processi che altrimenti potrebbero restare a lungo silenti. Non si può non farlo presente nelle sedi competenti e ottenere la cancellazione di questi progetti. E' compito – ha concluso Ortolani – dei referenti politico-istituzionali di questi territori ottenere tale risultato. Ma spesso si distraggono...”.

“Il punto vero della questione – ha proseguito Sabino Aquino, idrogeologo dirigente del Consorzio Alto Calore – è la difesa delle risorse idriche. Il Sannio e soprattutto l'Irpinia rappresentano il serbatoio d'acqua che serve gran parte della Campania e della Puglia, per un totale di oltre 5 milioni di persone. Come si può pensare di mettere in pericolo un tale patrimonio realizzando interventi inquinanti come le trivellazioni petrolifere?”. E Aquino non ha mancato di prendere posizione nettamente nei confronti della Regione Campania: “Personalmente ho fatto presenti questi problemi nelle conferenze di servizio convocate sul tema ma puntualmente queste argomentazioni non sono state recepite nelle valutazioni di impatto ambientale. Ci sono gli estremi di una denuncia per omissioni di atti d'ufficio”.

Rischi prospettati anche da Alessio Valente, geologo docente dell'Università del Sannio: “I profili di impatto ambientale di tale attività sono molteplici e tutti molto gravi. Dall'inquinamento dell'aria attraverso il rilascio di idrogeno solforato alla contaminazione irreversibile del sottosuolo e delle falde idriche a causa dei fanghi di perforazione. Senza trascurare il rischio di gravi incidenti, lo smaltimento dei rifiuti speciali prodotti e la bonifica dei pozzi dopo la dismissione. Tutte bombe ecologiche”.

Paolo Bocchino